Danni da interruzione di esercizio: cenni storici, evoluzione & approfondimenti

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INTRODUZIONE

Nella maggioranza dei casi in cui si verifichi un danno materiale che coinvolga un’attività produttiva, industriale o commerciale, la proprietà che abbia stipulato una polizza di assicurazione potrà ottenere, date certe condizioni, un indennizzo con il quale provvedere al ripristino dei beni danneggiati.

Tuttavia, durante l’arco di tempo necessario alla riparazione o al rimpiazzo, il risultato economico dell’attività colpita dall’evento avrà subito conseguenze ulteriori, più o meno gravi.

La caduta, totale o parziale, dei ricavi combinata con il permanere delle spese insopprimibili, contribuiranno a determinare una perdita o una riduzione dell’utile che sarebbe stato conseguito in assenza di sinistro.

Proprio per offrire rimedio a situazioni di questo tipo, fu concepita l’assicurazione contro i danni d’interruzione di esercizio ed, attraverso un lungo processo di evoluzione tuttora in atto, portata allo stato di avanzamento proprio dei nostri giorni.

Le situazioni concrete riconducibili all’ipotesi di cui sopra variano grandemente a seconda della natura e complessità delle singole fattispecie di sinistro nonché dei contenuti del rischio assicurato.

Tuttavia non sarà  inutile ricorrere ad un esempio elementare che riproduca i meccanismi propri di questa forma assicurativa.

Immaginiamo di esaminare la situazione economica, relativa all’anno precedente, di un’attività semplice riassumibile nei termini seguenti:

DARE                                                                          AVERE

Rimanenze iniziali                                                 Giro d’affari

Lit.    850.000                                                            Lit. 5.000.000

Acquisti                                                                     Rimanenze finali

Lit. 3.000.000                                                            Lit.    850.000

Profitto lordo

Lit. 2.000.000

DARE                                                                          AVERE

Stipendi                                                                    Profitto lordo

Lit.    650.000                                                            Lit. 2.000.000

Affitti                                                                                     

Lit.    250.000                                                                        

Utenze

Lit.      80.000

Tasse e canoni

Lit.      95.000

Assicurazioni

Lit.      20.000

Revisori conti

Lit.      25.000

Telefoniche e postali

Lit.      35.000

Pubblicità

Lit.      30.000

Utile netto

Lit.    800.000

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Lit. 2.000.000                                                        Lit. 2.000.000

Il 1° di Marzo si verifica un danno materiale la cui riparazione richiede un periodo di sei mesi durante il quale l’attività continua in un’ubicazione d’emergenza affittata allo scopo.

Essa, tuttavia, non consente di sopperire in pieno alle esigenze aziendali con conseguente riduzione del giro d’affari.

Al termine dell’esercizio finanziario si registrano i seguenti risultati:

DARE                                                                          AVERE

Rimanenze iniziali                                                  Giro d’affari

Lit.    850.000                                                              Lit. 2.500.000

Acquisti                                                                        Rimanenze finali

Lit. 1.500.000                                                              Lit.    850.000

Profitto lordo

Lit. 1.000.000

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Lit. 3.350.000                                                              Lit. 3.350.000

Stipendi                                                                        Profitto lordo

Lit.   650.000                                                               Lit. 1.000.000

Affitti                                                                           Perdita netta

Lit.   250.000                                                               Lit.    450.000

Altri costi fissi

(come sopra)

Affitto di sede temporanea

Lit.   250.000

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Lit. 1.450.000                                                             Lit. 1.450.000

A seguito dell’evento dannoso, l’utile d’esercizio atteso di Lit. 800.000  non viene conseguito; al contrario si registra una perdita finale di Lit. 450.000.

Questa perdita, sommata all’utile netto ipoteticamente conseguibile nell’anno successivo per Lit. 800.000, determinerà un risultato di sole Lit. 350.000 per i due anni.

E’ facile notare che, in conseguenza di un sinistro il cui ripristino ha richiesto solo sei mesi, l’utile di esercizio si è azzerato per ben diciotto mesi dalla data dell’evento dannoso.

Nell’esempio proposto, gli acquisti per Lit. 3.000.000 hanno generato vendite per  Lit. 5.000.000, vale a dire che il 60% del giro di affari riguarda costi variabili mentre il 40% copre le spese fisse e produce l’utile netto di esercizio.

In conseguenza del sinistro, le vendite si riducono della metà, ossia a Lit. 2.500.000, e gli acquisti calano proporzionalmente; tuttavia le spese insopprimibili continuano a gravare sull’attività producendo la perdita netta finale di cui sopra.

Qualora fosse stata in corso una polizza “interruzione d’esercizio” per un capitale sufficiente, l’Assicurato avrebbe ricevuto il 40% di Lit. 2.500.000 per perdita di profitto lordo oltre Lit. 250.000 in tema di maggiori costi, vale a dire un indennizzo complessivo di Lit. 1.250.000.

L’inclusione di questa voce nel conto economico rivela il pieno ristoro del danno subito, come se l’evento dannoso non si fosse verificato:

Spese fisse                                                                    Profitto lordo

Invariate                                                                       Lit. 1.000.000

Affitto ubicazione temporanea                              Indennizzo

Lit.   250.000                                                               Lit. 1.250.000

Utile netto

Lit.   800.000

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Lit. 2.250.000                                                           Lit. 2.250.000

LINEAMENTI STORICI DELL’ASSICURAZIONE CONTRO I DANNI D’INTERRUZIONE D’ESERCIZIO

Il processo di elaborazione che condusse alle forme più evolute di coperture contro i danni da interruzione d’esercizio, sostanzialmente secondo lo schema illustrato nell’introduzione, iniziò intorno alla metà del secolo XVIII in concomitanza con la cosiddetta “rivoluzione industriale”, resa possibile dalla meccanizzazione dei processi produttivi. Si comincia ad avvertire, soprattutto negli ambienti industriali, l’insufficienza della sola garanzia contro i danni materiali e, pur in presenza di una documentazione frammentaria, abbiamo notizia di una Compagnia inglese, la “Minerva International”, che, per la prima volta, emette un contratto assicurativo che contiene un elemento di garanzia indiretta. Procedendo nel tempo, rileviamo che, nel 1817, la “Cassa Generale Incendio” di Amburgo prestava assicurazione contro la perdita di pigioni maggiorando del 10% l’indennizzo dovuto per danni da incendio. Nel 1821 la “Beacon Insurance of England” offriva una garanzia specifica contro la perdita dei redditi di lavoro conseguente ad incendio. In Francia assistiamo, nel 1857, alla nascita di un particolare contratto assicurativo, detto di “chomage”, che significa, appunto, inattività forzata, arresto.

Questa forma, che noi chiamiamo “a percentuale”, integra una fattispecie di “valued policy”, vale a dire una polizza che prevede l’indennizzo del danno indiretto senza che il reale pregiudizio subito debba essere provato e documentato. La medesima struttura contrattuale venne adottata  da altre Compagnie nel Regno Unito, quali la “Excess Fire Policy Insurance”, con la dizione “percentage of fire loss” utilizzata nel mercato Lloyd’s  con il termine di “pay as paid”. Negli Stati Uniti d’America un agente della “Boston Insurance Co.”, Mr. Dalton, si preoccupò di elaborare una copertura “ad hoc” contro i danni da interruzione d’esercizio per una sua importante Cliente, la “Newton Mills”. Tale polizza assunse, per la prima volta, la denominazione di “Use and Occupancy” e prevedeva  un indennizzo giornaliero per l’interruzione sofferta a seguito d’incendio contenendo, come elemento di novità, un meccanismo che consentiva di avvicinarsi al pregiudizio effettivamente sofferto. Bisogna tuttavia giungere alla fine del secolo per constatare un grado di evoluzione tale da rivelare i tratti distintivi della moderna polizza contro l’interruzione d’esercizio. Nel 1899, utilizzando principi contabili avanzati, il “broker” scozzese Ludovic Mac Lellan Man costruì un testo di polizza che aveva come oggetto la perdita finanziaria subita in conseguenza di un danno materiale assicurato nel corso di un periodo stabilito. La perdita veniva calcolata sulla base della riduzione del fatturato o della produzione risultante dalle scritture contabili. Da principio il mercato assicurativo britannico avversò fortemente questa garanzia innovativa soprattutto per ragioni attinenti gli aspetti morali del rischio.

Si temeva che la possibilità di recuperare il danno indiretto ingenerasse una minor cura nella gestione degli impianti e, in determinati casi, esagerazioni dolose del danno medesimo.

Col tempo e l’esperienza acquisita, tali pregiudizi vennero superati e si affermarono taluni principi fondamentali:

  1. la delimitazione dell’oggetto stesso della garanzia (utile + spese correnti);
  2. il riconoscimento dell’individualità e specificità del rischio d’interruzione con la conseguente necessità di elaborare coperture adeguate alle esigenze proprie degli operatori;
  3. l’importanza della diffusione delle coperture e dell’allargamento della base di premio per evitare situazioni di antiselezione.

Il mercato tedesco partecipò attivamente a questo processo di elaborazione mediante sperimentazioni condotte sulla falsariga di quanto avvenuto negli altri paesi ad economia avanzata.

Negli anni settanta fu istituita, in Germania, una commissione speciale per l’interruzione d’esercizio che aveva il compito di adattare la garanzia ai  grandi rischi e di sviluppare tariffe su base attuariale.

CENNI SULL’EVOLUZIONE DEL RAMO IN ALCUNI PAESI DELL’EUROPA CONTINENTALE

Prima di fissare la nostra attenzione sulle vicende relative ai paesi Anglo Sassoni, ove l’elaborazione delle tematiche relative all’assicurazione contro l’interruzione d’esercizio ha avuto importanza decisiva, consideriamo, per sommi capi, quanto accaduto in alcuni paesi dell’Europa Continentale in tema di evoluzione del ramo e di pratiche correnti.

GERMANIA

 Il 14 Marzo 1911 l’ufficio di vigilanza approvò una prima versione delle “condizioni generali di assicurazione”  contro i danni d’interruzione d’esercizio a seguito di incendio, fulmine, esplosione.

Nell’immediato dopoguerra gli organi tecnici tedeschi sottolineano l’esigenza di favorire lo sviluppo del ramo allo scopo di raggiungere l’indispensabile compensazione dei rischi.

Con lo sviluppo economico e politico della Repubblica Federale, il ramo “interruzione d’esercizio” diventò autonomo con nuove condizioni e proprie metodiche di tariffazione.

Nel 1956 fu introdotta una polizza particolarmente studiata per le imprese medio-piccole mentre, negli anni ’70, gli assicuratori tedeschi costituirono una commissione speciale con il compito di valutare l’assicurabilità di taluni aspetti del rischio d’interruzione (es. perdite di mercato) che avevano trovato accoglimento nei mercati anglosassoni.

L’evoluzione delle garanzie “danni indiretti” nella Germania Federale segue il vigoroso sviluppo economico e tecnologico tanto che, nel 1965, la commissione speciale nota come talune forme di interruzione d’esercizio non possono considerarsi assicurabili in quanto proprie della componente imprenditoriale di rischio cui debbono corrispondere riserve di bilancio.

Con l’introduzione della normativa europea in tema di libertà di prestazione di servizi, il grado di interconnessione e permeabilità dei diversi mercati nazionali ha prodotto una forte accelerazione dei processi di armonizzazione delle condizioni normative ed economiche dell’assicurazione contro i danni d’interruzione d’esercizio.

 FRANCIA

Come accennato precedentemente, la prima forma di copertura “danni indiretti (“chomage”) risale al 1857. Esempio di “valued policy”, essa risarciva la stessa percentuale della somma assicurata per i danni indiretti che era stata pagata precedentemente in base alla normale polizza incendio. Verso la metà degli anni ’30 nella letteratura assicurativa francese venne espresso l’auspicio che tale forma di garanzia, già comunemente prestata nei paesi anglosassoni, potesse affermarsi anche in Francia. Fino all’inizio degli anni ’60, tuttavia, il ramo rimaneva relativamente poco conosciuto tanto che l’associazione francese A.P.S.A.I.R.D. (Assemblee Pleniere des Societes  d’Assurance contre l’Incendie et les Risques Divers) sviluppò una polizza “standard” denominata “police collective d’assurance des partes d’exploitation (benefice net et frais generaux) apres incendie”. Questa polizza prevedeva il calcolo della somma assicurata secondo il “metodo addizionale”. In Francia gli assicuratori furono agevolati dalla standardizzazione del bilancio delle imprese (“plan comptable”) introdotta con decreto 4 Aprile 1946, modificato nel 1957 e reso obbligatorio con decreto fiscale del 23 Ottobre 1965.

In conseguenza di ciò, il metodo addizionale fu mantenuto fino al 1985. A partire dall’11 Giugno 1985 venne introdotta una nuova polizza, basata sul piano contabile riveduto del 1° Gennaio 1984, che, per la prima volta, adottava il metodo “per differenza” per il calcolo della somma assicurata. I dati di diffusione indicano, per il 1972, un monte premi inferiore al 10% del portafoglio incendio-industriale mentre, alla data di introduzione del nuovo testo del 1985, soltanto il 10% delle aziende industriali avevano in corso una polizza “interruzione d’esercizio”.

Nel 1987 la percentuale era salita al 12%.

PAESI BASSI

 L’assicurazione contro i danni d’interruzione d’esercizio viene praticata attivamente dalla metà del secolo scorso (la prima compagnia specializzata fu fondata nel 1891).

Nel settore industriale la percentuale di contratti ha raggiunto il 30/40% di quelli emessi a fronte delle relative garanzie incendio. Il 14 Luglio 1965 entrò in vigore una Convenzione fra assicuratori, modificata nel 1971 e nel 1976, per tener conto dei mutamenti intervenuti ed elaborare utili strumenti assuntivi.

 SVIZZERA

La prima elaborazione ufficiale del concetto di assicurazione contro l’interruzione d’esercizio a seguito d’incendio risale al 1958.

Essa prevedeva tre forme di garanzia:

  1. per categorie di costi fissi
  2. con indennizzo massimo percentuale
  3. sull’utile lordo attuariale.

A partire dal 1° Gennaio 1987, le tre forme sono state conglobate in un unico sistema che riflette la prassi corrente del mercato internazionale. Il mercato svizzero è stato particolarmente attivo nelle ricerche finalizzate alla costruzione di un metodo di tariffazione originale che tenga conto di numerosi fattori di rischio quali l’attività principale dell’impresa, l’utile lordo attuariale ed il limite percentuale di garanzia.

BELGIO

 L’impostazione generale del mercato tiene conto dei modelli britannici, francesi ed olandesi con l’adozione, dalla metà degli anni ’70, del metodo “per differenza”.

La vecchia forma di derivazione francese, “chomage”, persiste in talune categorie di rischi semplici:

– chomage commercial

– chomage immobilier

– chomage professionel

Secondo i dati forniti dalla rivista “Le Moniteur d’Assurance”, nel 1991 meno del 30% delle imprese belghe erano in possesso di una garanzia “interruzione d’esercizio”, una percentuale inferiore a quella registrata in Gran Bretagna, Olanda e Germania.

AUSTRIA

 L’evoluzione del ramo segue le vicende proprie del mercato tedesco e presenta un elevato livello di diffusione. Le condizioni generali di assicurazione sono state approvate con delibera del Ministero delle Finanze in data 14 Maggio 1990, sostituendo quelle in vigore dal 1970.

REGNO UNITO E U.S.A.

 Nei capitoli precedenti abbiamo seguito le fasi di sviluppo storico dell’assicurazione contro i danni d’interruzione d’esercizio in questi due paesi notando come, già dalla fine del secolo XIX, la struttura del contratto presentasse tratti assai avanzati di elaborazione.

In particolare, per quanto attiene la copertura nella forma “Loss of Profits”, dobbiamo notare che il suo carattere innovativo e la capacità di adattarsi alle più diverse situazioni di rischio, ne hanno fatto il testo di gran lunga più studiato e di più generale applicazione nel mercato internazionale. Già negli anni ’50 l’architettura della polizza aveva raggiunto la sua configurazione definitiva e risale allo stesso periodo la prassi diffusa di utilizzare il “metodo per differenza” ai fini del calcolo della somma assicurata. La lunga storia di utilizzazione sul campo di questo strumento ha prodotto una serie di decisioni giurisprudenziali e numerosi studi, taluni assai pregevoli, che offrono utilissimo materiale conoscitivo ed interpretativo agli operatori di mercato nonché ai cultori della materia in sede accademica. L’importanza di questo testo è fondamentale anche nei riflessi che esso ha prodotto nei vari mercati nazionali ed, in particolare, in quello italiano che, con la polizza del 1984 (testo ANIA), ha recepito lo schema di “Loss of Profits” il quale, nonostante sviluppi successivi di cui parleremo in seguito, rimane quello di più generale applicazione e comprensione. Partendo da queste premesse, abbiamo ritenuto di porre al centro delle nostre conversazioni sul tema assegnatoci,  l’analisi della polizza inglese di LOP per comprenderne meglio i contenuti, i meccanismi applicativi ed anche taluni aspetti attinenti la specifica attività peritale. Va subito notato che i criteri interpretativi del testo di polizza LOP valgono, salvo marginali differenze, anche per la polizza italiana del 1984 e costituiscono riferimenti costanti ed indispensabili in tutte le situazioni specifiche di rischio sia sotto un profilo orientativo generale sia in ordine alla migliore soluzione di problemi specifici cui, di norma, si perviene con riferimento a tali criteri. Nello svolgere il lavoro di analisi abbiamo seguito uno schema proprio della letteratura anglosassone mettendo in primo piano definizioni e concetti generali come premessa per affrontare le singole fattispecie che si presentano nel corso della pratica quotidiana. Terminata l’analisi del testo di polizza inglese, rivolgeremo la nostra attenzione alla forma americana di “gross earnings” di cui metteremo in evidenza le differenze fondamentali attraverso una breve analisi comparativa.

LA POLIZZA INGLESE DI “LOSS OF PROFITS

  1. Contenuti e definizioni

PERDITA  PROFITTO LORDO

L’indennizzo dovuto riguarda la perdita di profitto lordo conseguente a:

1)    riduzione del giro d’affari

2)    aumento dei costi di lavorazione

Va notato che l’importo risarcibile per queste due voci va calcolato secondo la formula contenuta in polizza, fermo restando il principio indennitario secondo il quale l’Assicurato non potrà comunque ricevere somma maggiore del pregiudizio effettivamente subito. Tutto questo è racchiuso nell’espressione “l’importo ottenuto applicando la percentuale di profitto lordo all’ammontare del giro d’affari che, durante il periodo d’indennizzo, risulterà, in conseguenza del danno, ridotto rispetto all’ammontare del giro d’affari standard”. Ciascuna di queste espressioni richiede una più precisa definizione.

GIRO D’AFFARI

Si definisce nel modo seguente: “le somme pagate o pagabili dall’Assicurato per merci vendute e consegnate e per servizi prestati durante l’attività nel luogo indicato in polizza”. Questa dicitura, assai ampia, consente di ricomprendere ogni tipo di attività sia industriale sia commerciale.  Essa permette inoltre di includere transazioni a credito quali “somme pagate o pagabili” e tiene conto delle pratiche contabili prevalenti riferendosi a “beni venduti e consegnati”.  Pertanto non rientreranno di norma nel giro d’affari ordini o vendite a termine, richiedendosi che i beni siano stati effettivamente prodotti e fatturati ed i servizi prestati. Particolari problemi possono sorgere nel caso in cui una parte rilevante o anche l’intero fatturato siano costituiti da vendite rateali finanziate dallo stesso venditore.  Nella pratica si incontrano soluzioni contabili difformi; tuttavia la prassi prevalente è quella di non tener conto del credito per merci vendute nell’esercizio al di là di quanto effettivamente incassato nell’anno finanziario di competenza o, in alternativa, dello stesso importo maggiorato di una percentuale fissa.

PERCENTUALE  PROFITTO LORDO

Si definisce come “la percentuale di profitto lordo conseguita sul giro d’affari durante l’anno finanziario immediatamente precedente la data del sinistro”.  Va notato che questa definizione assume quale riferimento il risultato dell’esercizio più vicino alla data del sinistro, allo scopo di ottenere il dato più aggiornato ed attendibile di quanto sarebbe stato il rapporto profitto lordo/fatturato durante il periodo successivo al sinistro. Tuttavia il margine di utile lordo può essere influenzato da mutamenti verificatisi, prima o dopo il sinistro, nelle condizioni commerciali, prezzi delle materie prime, salari, tassi finanziari, ecc.. Tutte queste variabili vengono assunte come fattori determinanti nel calcolo dell’indennizzo, mediante l’adozione di una clausola che rende possibili gli opportuni aggiustamenti. Un altro elemento suscettibile di variare la percentuale di profitto lordo in talune attività é rappresentato dalle transazioni a termine di merci (“futures”) con carattere speculativoPerdite o profitti derivanti da operazioni speculative non devono essere considerati ai fini della copertura assicurativa in quanto indipendenti dal normale corso dell’attività produttiva.

PERCENTUALE  PROFITTO LORDO – VENDITE RATEALI

Analogamente a quanto rilevato in ordine alla corretta determinazione del giro d’affari, non si dovrà tenere conto dei ricavi che si riferiscono a vendite effettuate in esercizi precedenti e quindi applicare alla somma così calcolata la percentuale di profitto lordo di competenza.

PERIODO  INDENNIZZO E PERIODO  INDENNIZZO MASSIMO

 Il periodo di indennizzo si definisce come il “periodo che inizia al momento del sinistro e termina non più tardi della scadenza del periodo di indennizzo massimo, durante il quale l’attività assicurata subisce gli effetti conseguenti al sinistro”. Il periodo di indennizzo massimo viene specificatamente indicato in polizza precisando il numero dei mesi pattuiti fra Assicuratore ed Assicurato.  E’ utile ricordare che questo metodo non viene adottato nelle forme americane di “business interruption” ove si fa semplicemente riferimento al tempo ragionevolmente necessario per riparare o rimpiazzare le proprietà danneggiate.

GIRO D’AFFARI  RIFERIMENTO (“STANDARD”)

E’ quello che si assume come confronto per determinare la riduzione del giro d’affari conseguente al sinistro e si definisce come “il giro d’affari durante il periodo di 12 mesi immediatamente precedente la data del sinistro e che corrisponde al periodo di indennizzo”, vale a dire al periodo di interruzione entro il periodo di indennizzo massimo pattuito. Questo metodo di comparare lo stesso periodo di calendario nei 12 mesi precedenti la data del sinistro consente di tenere conto di eventuali fluttuazioni stagionali ed inoltre utilizza i dati più aggiornati allo scopo di determinare, con la massima precisione possibile, l’ordine di grandezza del pregiudizio subito. La definizione di giro d’affari di riferimento risulta ulteriormente qualificata dal contenuto della clausola “aggiustamenti” che permette di considerare particolari circostanze influenzanti l’attività assicurata prima e dopo il sinistro,

IN CONSEGUENZA DEL DANNO

La riduzione del giro d’affari considerata rilevante, ai fini della copertura assicurativa, è quella determinatasi in conseguenza del danno. Pertanto, se tale riduzione dipende, in tutto od in parte, da cause non connesse al danno medesimo, o che avrebbero comunque interessato l’attività assicurata, bisognerà procedere ad un aggiustamento della cifra del giro d’affari di riferimento in modo da riflettere, con la massima precisione possibile, il solo pregiudizio conseguente al danno. Ad esempio, se durante il periodo in cui il fatturato aziendale è parzialmente ridotto in conseguenza del danno si determina un’ulteriore riduzione causata da scioperi che impediscono la normale fornitura di materie prime, tale ulteriore riduzione non dovrà essere computata ai fini del risarcimento.  Si tratta infatti di una perdita che sarebbe stata comunque subita anche in assenza di sinistro. Nella pratica si può verificare anche il caso opposto: uno sciopero potrebbe aver causato una riduzione del giro d’affari di riferimento durante i 12 mesi precedenti la data del sinistro.  In entrambi i casi la clausola “aggiustamenti” consente di determinare correttamente la perdita risarcibile modificando, nella misura appropriata, la cifra del giro d’affari di riferimento.

RITARDI NELLA RIPRESA DELL’ ATTIVITA’: CAUSE ESTRANEE , CAUSA PRIMA

Occorre tracciare una demarcazione fra circostanze che avrebbero influenzato l’andamento aziendale anche in assenza di sinistro e circostanze che, invece, producono un prolungamento del periodo di indennizzo. Uno sciopero nell’industria può ritardare la riparazione od il rimpiazzo di macchinario rilevante per la produzione.  Trattasi di una circostanza da considerarsi in relazione all’evento coperto dalla polizza poiché, in mancanza di tale evento, essa non avrebbe prodotto alcun effetto sull’attività dell’azienda.  Pertanto l’aggravio che ne consegue è risarcibile entro i limiti del periodo massimo d’indennizzo. Questa impostazione è coerente con il principio secondo il quale gli assicuratori invitano a tener conto, ai fini della scelta del periodo di indennizzo massimo, di quei fattori che potrebbero causarne il prolungamento.

AUMENTO DEI COSTI  LAVORAZIONE

Enell’interesse dell’Assicurato che l’attività sia ricondotta alla normalità nel più breve tempo possibile.  Il perseguimento di questo obbiettivo può peraltro comportare spese notevoli per l’adozione di speciali misure nel corso del periodo di indennizzo. Si tratta di iniziative adottate anche a vantaggio dell’Assicuratore poiché producono una riduzione di quanto sarebbe stato pagato in tema di perdita di profitto lordo. Ne consegue che la garanzia debba prevedere l’obbligo di indennizzo per tutte “quelle spese supplementari necessariamente e ragionevolmente sostenute per il solo scopo di evitare o diminuire la riduzione del giro d’affari” che altrimenti si sarebbe determinata.

Nessuna somma specifica viene indicata per questa voce né si rende necessaria alcuna aggiunta alla somma assicurata per il profitto lordo poiché si tratta di un’ipotesi alternativa rispetto a quella prevista dalla copertura sul profitto lordo medesimo. Un’ eccezione a questa regola si incontra quando è previsto che le somme spendibili per aumenti dei costi di lavorazione possano eccedere quanto sarebbe risarcibile quale perdita di profitto lordo; in questi casi occorre richiedere un’estensione specifica per l’ammontare eccedente il risparmio. Le voci di spesa supplementare riguardano una gamma di fattispecie assai ampia: costi di lavoro straordinario di dipendenti dell’azienda o terzi, costi per effettuare riparazioni provvisorie, costi per l’installazione temporanea di impianti per la produzione di energia motrice, ecc. Può essere possibile mantenere una quota parte del giro d’affari affidando a terzi lavorazioni di componenti o manufatti completi; l’uso di spazio presso terzi in alternativa a quello reso inutilizzabile dal sinistro è pure frequente.  Anche il ricorso a massicce campagne pubblicitarie per recuperare la clientela perduta rientra nelle voci di spesa risarcibili a termini della sezione di polizza in esame.

NATURA STRAORDINARIA DELLE SPESE SUPPLEMENTARI

Nonostante le condizioni di polizza si riferiscano specificatamente ad un “aumento dei costi di lavorazione”, così definendo la portata della garanzia, occorre sottolineare che non si intende assicurare un aumento della percentuale dei costi di lavorazione; di conseguenza se, dopo il sinistro, determinati costi non si ridurranno in proporzione alla diminuzione del fatturato, la loro aumentata incidenza determinerà una perdita economica per l’attività assicurata.  In sostanza, non saranno ammissibili a risarcimento quelle spese non incluse nel profitto lordo assicurato che, in seguito alla riduzione del giro d’affari, provochino una perdita per l’aumentata incidenza delle medesime sul minor giro d’affari. Ecco perché questa voce comprende soltanto spese supplementari o, si potrebbe anche dire, anormali rispetto all’attività che è oggetto della garanzia. Da ciò deriva la necessità di considerare con molta attenzione la reale natura di determinate spese afferenti la produzione ai fini del loro inserimento o meno nella cifra del profitto lordo assicurato.

LIMITE ECONOMICO Al MAGGIORI COSTI  LAVORAZIONE

Sono condizioni per la risarcibilità delle maggiori spese che:

1) siano state sostenute necessariamente e ragionevolmente per il solo scopo di evitare o diminuire la riduzione del giro d’affari ;

2) il loro ammontare sia inferiore a quello che sarebbe stato risarcibile in tema di perdita di profitto lordo se tali spese non fossero state sostenute.

APPLICAZIONE DEL LIMITE ECONOMICO Al MAGGIORI COSTI  LAVORAZIONE

Non sempre viene prestata sufficiente attenzione al problema del limite economico applicabile alle spese supplementari ed esiste un’opinione diffusa secondo la quale tale limite risulterebbe, in pratica, di difficile applicazione in quanto arduo sarebbe determinare con esattezza la riduzione del giro d’affari in tal modo evitata. Tuttavia vi sono circostanze che producono, per motivi diversi, spese supplementari eccedenti il limite economico e, di conseguenza, una perdita non indennizzabile per l’Assicurato: se, per esempio, si provvede all’affitto temporaneo di macchinari, il fatturato così ottenuto è facilmente determinabile e, di conseguenza, anche il limite economico per l’aumento dei costi di lavorazione. Lo stesso si può dire nel caso in cui si proceda all’acquisto di merci da un concorrente per la loro rivendita: il ricavo della vendita rappresenta il giro d’affari salvato e, applicando a questa voce la percentuale di profitto lordo, sarà possibile calcolare esattamente il limite economico applicabile alle spese supplementari. Vale infine la pena di ricordare che più è grande la percentuale del monte-salari inclusa nella cifra dell’utile lordo assicurato, più alto risulterà il limite indennizzabile in tema di maggiori costi di lavorazione.  Ciò dipende dal fatto che la percentuale di profitto lordo adottata per determinare tale limite risulterà tanto maggiore quanto più la voce relativa a salari sarà stata inclusa nella cifra dell’utile lordo inizialmente assicurata. In talune attività si considera assolutamente necessario il mantenimento della produzione per quanto alti possano risultare i maggiori costi di lavorazione.  In tali casi si rende necessaria una clausola  specifica che renda disponibile un massimale sufficiente a garantire che l’Assicurato non incorra nell’applicazione del limite di economicità.

ULTERIORI LIMITAZIONI DEI MAGGIORI COSTI

Non va dimenticato che il risarcimento dei maggiori costi di lavorazione è limitato a quelli che sono stati sostenuti durante il periodo di indennizzo.  Ne consegue che, se il periodo di interruzione causato dal sinistro eccede il periodo di indennizzo massimo, tutti i costi sostenuti successivamente alla scadenza di tale periodo non potranno essere risarciti. Analogamente, se sono state sostenute delle spese supplementari durante il periodo di interruzione che vadano a beneficio del giro d’affari dopo la scadenza del periodo di indennizzo, pur entro il limite del periodo di indennizzo massimo, il risarcimento dovrà essere proporzionalmente ridotto. Va sottolineato, tuttavia, che per “risultati dell’attività” non si intende semplicemente il giro d’affari.  Quest’ultimo può essere mantenuto al suo normale livello mediante spese supplementari con conseguente riduzione del risultato netto dell’attività assicurata. In tal caso si determina un prolungamento del periodo di indennizzo ed un permanere, entro i limiti del periodo di indennizzo massimo, del diritto dell’Assicurato al risarcimento dei maggiori costi di lavorazione.

RIPARTIZIONE PROPORZIONALE Al COSTI FISSI NON ASSICURATI

Qualora taluni costi fissi non siano assicurati, i maggiori costi di lavorazione risulteranno risarcibili secondo il rapporto esistente fra l’utile netto più le spese fisse assicurate e la somma dell’utile netto più la totalità delle spese fisse.  Si tratta di una condizione  equa in quanto le spese supplementari sostenute per evitare o ridurre la perdita di fatturato vanno anche a beneficio di quella quota parte di spese fisse che non sono state incluse nel profitto lordo assicurato.  Per procedere alla ripartizione proporzionale si dovranno utilizzare gli stessi dati presi in considerazione per il calcolo della percentuale di profitto lordo, vale a dire quelli dell’ultimo esercizio finanziario chiuso anteriormente alla data del sinistro. Quando la somma assicurata viene calcolata per differenza, non dovrebbe teoricamente darsi luogo a ripartizione proporzionale dei maggiori costi di lavorazione; può accadere tuttavia che l’Assicurato, per scelta deliberata o per errore, abbia incluso tra le spese non assicurabili attinenti la produzione voci che potrebbero invece essere considerate, in tutto od in parte, come costi fissi.

NECESSITA’  ASSICURAZIONE SUFFICIENTE

Non va trascurata la circostanza che tutte le possibili limitazioni di risarcimento precedentemente considerate si applicano soltanto qualora la somma assicurata risulti insufficiente; deve quindi essere particolarmente sottolineata l’importanza di una corretta determinazione della somma da assicurare nonché del periodo di indennizzo massimo.

RISPARMI

Nel caso in cui, durante il periodo di interruzione, si riducano o vengano totalmente a cessare una o più voci incluse nel profitto lordo assicurato, tali risparmi dovranno essere dedotti dal risarcimento.  Se, ad esempio, un edificio od un impianto sono distrutti e non si provvede all’utilizzo di mezzi alternativi, talune spese fisse collegate ai beni distrutti cesseranno.  Qualora non si deducessero tali spese dall’indennizzo, esso risulterebbe superiore al pregiudizio effettivamente subito.  Occorre sottolineare che la deduzione dal risarcimento può riguardare esclusivamente spese che siano cessate o diminuite in conseguenza del sinistro e non per altre cause.

APPLICAZIONE DELLA REGOLA PROPORZIONALE

E’ molto importante che le modalità di applicazione della regola proporzionale siano correttamente intese.  Il parametro assunto per accertare l’eventuale esistenza di sotto-assicurazione non è il profitto lordo che si riferisce all’ultimo esercizio finanziario chiuso anteriormente alla data del sinistro; la clausola relativa recita infatti che “se la somma assicurata risulta inferiore all’importo ottenuto applicando la percentuale di profitto lordo al giro d’affari annuo, l’indennizzo dovrà essere proporzionalmente ridotto”. Il giro d’affari annuo è definito come “il giro d’affari durante i dodici mesi immediatamente precedenti la data del sinistro”, cifra che può risultare ben diversa da quella del profitto lordo nell’ultimo esercizio finanziario chiuso.  Nel caso in cui il periodo di indennizzo massimo sia superiore a dodici mesi, il giro d’affari annuo dovrà essere proporzionalmente aumentato (es. per un periodo di indennizzo di 24 mesi, si prenderà due volte il giro d’affari annuo e non il giro d’affari negli ultimi 24 mesi).

SOMMA ASSICURATA: STIMA DELL’ ANDAMENTO FUTURO

Al termine dell’anno finanziario talune aziende ritengono di poter assumere quale somma da assicurare per l’esercizio successivo la cifra dell’utile lordo registrata nel corso dell’ultimo esercizio chiuso.  Questa procedura comporta rischi non indifferenti di sottoassicurazione al momento di un eventuale sinistro.

Poiché la finalità della garanzia è quella di risarcire la perdita di profitti verificatasi dopo il sinistro, ne consegue che si debba tener conto dei dati finanziari più aggiornati.

Pertanto l’automatica assunzione del profitto lordo nell’ultimo esercizio chiuso rischia di risultare gravemente deficitaria in quanto un sinistro può verificarsi alla fine del periodo di assicurazione e, nel frattempo, l’attività assicurata può aver registrato sensibili incrementi.  Bisogna dunque tener conto non solo dell’andamento tendenziale dell’attività ma anche di eventuali piani di ampliamento, apertura di nuovi mercati, particolari campagne pubblicitarie, ecc..

Da ultimo, è di vitale importanza non trascurare l’elemento inflattivo.  I dati riferentisi all’ultimo esercizio chiuso costituiscono soltanto una guida, dovendo invece la somma assicurata rappresentare una proiezione di risultato.

Assunto un periodo di indennizzo massimo di dodici mesi ed una prima revisione della somma assicurata ad un anno di intervallo dalla decorrenza del periodo di assicurazione, tale proiezione dovrà spingersi nel futuro per 24 mesi.

FORMULA PER LA DETERMINAZIONE DELL’INDENNIZZO

Nella relativa specifica di polizza il significato dei diversi termini adottati viene scandito in modo molto preciso dalle singole definizioni.

Uno studio attento delle medesime consentirà di seguire, senza eccessive difficoltà, la sequenza logica delle varie operazioni da effettuare per il calcolo dell’indennizzo dovuto.  In sintesi si possono distinguere quattro passaggi fondamentali:

  1. determinazione della perdita di giro d’affari ed applicazione ad essa della percentuale di profitto lordo relativo all’ultimo anno finanziario prima della data del sinistro;
  2. aggiunta delle somme spese in tema di maggiori costi di lavorazione;
  3. sottrazione dei risparmi effettuati sui costi fissi assicurati;
  4. eventuale applicazione della regola proporzionale.

AGGIUSTAMENTI

L’uso corretto di questa clausola è determinante per il calcolo dell’indennizzo.  Il suo contenuto viene comunemente espresso nei termini seguenti: “……….. al quale (=ammontare dell’indennizzo calcolato secondo formula) dovranno essere applicati quegli aggiustamenti che si rendano necessari al fine di riflettere eventuali modifiche nel “trend” aziendale, variazioni ed altre circostanze che abbiano influenzato l’attività assicurata sia prima sia dopo il sinistro o che avrebbero prodotto effetti qualora il sinistro non si fosse verificato, in modo tale che i dati ottenuti dopo gli aggiustamenti risultino i più vicini possibile a quelli che si sarebbero determinati nel periodo successivo alla data del sinistro se il medesimo non si fosse verificato”.

L’ambito di applicazione di questa clausola è assai vasto e consente aggiustamenti della percentuale di profitto lordo nonché del giro d’affari onde sia possibile tenere debito conto di ogni variazione intervenuta.  Bisogna tuttavia ricordare che la sua applicazione è limitata alle sole tre voci previste in polizza, vale a dire:

1)    la percentuale di profitto lordo;

2)    il giro d’affari annuo;

3)    il giro d’affari di riferimento.

Ad esempio sarà possibile correggere in aumento la percentuale di profitto lordo ma non includere in essa le voci di spesa che già non fossero ricomprese nella definizione di profitto lordo, poiché ciò costituirebbe un’alterazione del concetto stesso di profitto lordo quale assunto in polizza.  L’applicazione di questa clausola non è discrezionale bensì, per sua natura, approssimata, nel senso che mira a conseguire un risultato il più vicino possibile all’ideale indennitario.

IMPORTANZA DELLA CLAUSOLA AGGIUSTAMENTI

L’uso di questa clausola ed il ruolo decisivo da essa assunto nella corretta determinazione dell’indennizzo per interruzione d’esercizio si sono particolarmente accentuati a partire dagli anni ’70 anche a seguito dell’insorgere di un processo inflattivo assai vivace che ci ha accompagnato per lungo tempo.  Indipendentemente da questo specifico fattore economico, vi sono molti altri elementi che possono assumere rilievo nell’applicazione della clausola aggiustamenti quali : restrizioni del credito, recessioni in particolari settori economici, crisi nelle relazioni industriali e, per converso, speciali campagne pubblicitarie, acquisizioni di nuovi clienti o sbocchi commerciali, apertura di nuovi mercati, processi di automazione, nazionalizzazione dei processi produttivi.

Un aumento dei prezzi di vendita produrrà presumibilmente un automatico aumento del giro d’affari mentre una riduzione dei prezzi dà luogo talvolta, attraverso lo stimolo della domanda, ad un analogo effetto. Cambiamenti nello stile di vita di taluni gruppi sociali, andamento della meteorologia, regime dei brevetti e delle licenze, mutazione della politica fiscale, restrizione dell’ “import” e norme valutarie introdotte nel proprio od in altri ordinamenti possono produrre effetti marcati sui risultati aziendali. Per tutte queste ragioni è spesso necessario procedere all’aggiustamento del giro d’affari di riferimento in una misura la cui determinazione non sempre risulta semplice ed agevole.  In molti casi sarà necessario introdurre nel meccanismo di correzione un elemento di compromesso.

EFFETTI DELLA CLAUSOLA AGGIUSTAMENTI SULLA REGOLA PROPORZIONALE

Se la clausola “aggiustamenti” viene invocata allo scopo di riflettere un “trend” in ascesa e, di conseguenza, si ritocca in aumento il giro d’affari di riferimento, analoga operazione dovrà, di regola, essere effettuata sul giro d’affari annuo.  Ciò consentirà di mantenere inalterato il rapporto con la somma assicurata ai fini dell’applicazione della regola proporzionale. Infatti, il beneficio rappresentato dall’aumento del giro d’affari di riferimento risulterà, in qualche misura, ridotto qualora la somma assicurata dovesse rivelarsi insufficiente in conseguenza dell’analogo aggiustamento effettuato ai fini dell’applicazione della regola proporzionale. Il grado di questo minor beneficio dipenderà anche dall’importanza relativa delle somme reclamate in tema di perdita di profitto lordo e di aumento dei costi di lavorazione; anche per questi ultimi, infatti, vale la regola proporzionale secondo il principio precedentemente illustrato. Una situazione analoga si determina qualora l’aggiustamento riguardi la percentuale di profitto lordo; questa misura può rendersi necessaria per tener conto di un aumento della cifra delle spese fisse più l’utile netto a seguito dell’introduzione di nuovi impianti o processi produttivi di diminuzione dei costi per l’acquisto di materie prime, di aumenti dei prezzi di vendita, ecc., il cui beneficio si sarebbe avvertito nei mesi successivi al sinistro se questo non si fosse verificato. Lo stesso effetto può determinarsi nel caso in cui l’utile netto dell’esercizio finanziario precedente il sinistro sia stato compresso per causa di una o più voci di spesa non ricorrenti e non risarcibili (es. un credito inesigibile). Naturalmente l’aggiustamento della percentuale di profitto lordo produce un effetto corrispondente ai fini dell’applicazione della regola proporzionale in quanto una percentuale più elevata deve essere applicata al giro d’affari annuo.  In linea generale si può concludere rilevando che l’operazione dei vari aggiustamenti esaminati produce un pieno beneficio solo a condizione che là somma assicurata risulti sufficiente.

APPLICAZIONE INVERSA DELLA CLAUSOLA AGGIUSTAMENTI

E’ bene tenere presente che questa clausola può essere invocata anche dall’ Assicuratore per il calcolo dell’indennizzo, mediante riduzione del giro d’affari di riferimento o della percentuale di profitto lordo quando ne ricorrano i presupposti. Ad esempio, pressioni concorrenziali possono causare un abbassamento dei prezzi durante il periodo di interruzione con un effetto al ribasso sia sul fatturato sia sulla percentuale di profitto lordo (= riduzione  del margine di utile).

Analogamente, una recessione generalizzata, condizioni climatiche sfavorevoli, scioperi nell’industria o nei trasporti sono tipiche cause concorrenti alla riduzione del giro d’affari e distinte da quelle afferenti il sinistro preso in considerazione. Si tratta quindi di fattori che avrebbero influenzato l’attività assicurata indipendentemente dall’evento dannoso su cui si fonda il diritto al risarcimento e pertanto la loro incidenza non deve essere considerata nel calcolo dell’indennizzo.

FORMULA COMPLETA PER IL CALCOLO DELL’INDENNIZZO

Ritorniamo su questo tema, già schematizzato in precedenza, per integrarlo con considerazioni svolte nei capitoli precedenti:

1) perdita profitto lordo

applicazione della percentuale di profitto lordo (dopo aver effettuato gli aggiustamento necessari) alla riduzione del giro d’affari (previo aggiustamento del giro d’affari di riferimento) durante il periodo di indennizzo;

2) aumenti dei costi di lavorazione

aggiunta dei costi supplementari necessariamente e ragionevolmente sostenuti al fine di………. (ecc.) dopo che:

  1. a) sia stato proporzionalmente ridotto l’importo relativo qualora taluni costi fissi non siano stati inclusi nella somma assicurata;
  2. b) sia stato applicato all’importo relativo il limite di economicità;

3)  risparmi

deduzione dall’importo calcolato come sopra dell’ammontare dei risparmi effettuati relativamente alle spese incluse nel profitto lordo assicurato;

4)  regola proporzionale

si applica dopo aver effettuato i necessari aggiustamenti delle voci relative alla percentuale di profitto lordo ed al giro d’affari annuo, così come previsto al punto 1).

CONTINUAZIONE DELL’ATTIVITÀ IN ALTRA UBICAZIONE

Se, nel corso del periodo di indennizzo, l’attività produttiva o quella commerciale continua in un’ubicazione diversa da quella assicurata, sia dall’Assicurato stesso sia da terzi per suo conto, il fatturato così conseguito verrà computato ai fini della determinazione del giro d’affari nel periodo d’indennizzo medesimo. I casi più comuni sono rappresentati dall’affitto di locali per uso temporaneo, accordi con aziende dello stesso settore, ecc.. I maggiori costi che ne derivano saranno risarcibili entro i limiti illustrati nei capitoli precedenti.

SIGNIFICATO DEL TERMINE “PROFITTO LORDO”

La definizione di questa voce assume particolare rilevanza nel contesto dell’assicurazione contro i danni da interruzione d’esercizio secondo la formula che recita: “la differenza tra l’ammontare del volume d’affari aumentato delle rimanenze finali e l’ammontare delle rimanenze iniziali aumentato delle spese per acquisti di merci (al netto di sconti) e gli altri costi di esercizio non assicurati”

PERDITA NETTA INDUSTRIALE

Nel caso in cui l’attività non produca un utile netto bensì una perdita netta, si presenta il problema di stabilire se esistano i presupposti per la stipulazione di una polizza contro l’interruzione di esercizio.

Qualora l’andamento sia tale per cui nemmeno una percentuale delle spese fisse risulti coperta dai ricavi dell’esercizio, non esiste un interesse economico all’assicurazione.

Se, tuttavia, almeno una parte dei costi fissi sono pagati dal risultato dell’attività, un eventuale sinistro d’interruzione peggiorerebbe i risultati aziendali provocando un aumento della perdita netta finale. In questo secondo caso l’assicurazione non solo è proponibile ma può rivelarsi di importanza ancor più vitale di quando l’attività è in grado di produrre utili. Inoltre, come già ricordato nei capitoli precedenti, è alla futura proiezione di risultato che si deve fare riferimento nel predisporre il rimedio assicurativo. Esaminiamo il problema di come l’utile lordo da assicurare debba essere calcolato quando il risultato dell’attività produca una perdita netta industriale.  Qualora si adotti la forma “per differenza” non sembrano sussistere particolari difficoltà poiché, sottraendo la somma dei costi variabili dal giro d’affari, il risultato sarà automaticamente depurato dall’eventuale perdita netta così come, automaticamente, includerà l’utile netto, se conseguito. Nel caso, invece, venga adottata la vecchia forma con elencazione analitica delle voci assicurate, l’ammontare della perdita netta industriale dovrà essere sottratto da quello relativo ai costi fissi assicurati. E’ naturale che l’Assicurato non debba trovarsi, in conseguenza del risarcimento ottenuto, in una posizione finanziaria più vantaggiosa di quella che si sarebbe determinata in assenza di assicurazione. Poiché i risultati dell’attività non erano sufficienti a coprire interamente i costi fissi prima del sinistro, l’indennizzo dovrà essere limitato nella stessa misura. Nella forma “per differenza” tutti i proventi di natura finanziaria sono automaticamente esclusi in virtù del meccanismo adottato per il calcolo dell’utile lordo da assicurare. Nella forma analitica, di contro, occorrerà aggiungere, ai fini del calcolo della perdita netta industriale, tutte  le voci relative a proventi di natura finanziaria che possono determinare differenze, anche sensibili, tra la perdita industriale e quella di esercizio risultante dal conto profitti e perdite.

PERDITA INDUSTRIALE E COSTI FISSI NON ASSICURATI

Qualora, per qualsiasi motivo, taluni costi fissi non siano stati inclusi nella cifra dell’utile lordo assicurato, sarebbe improprio dedurre dall’utile lordo medesimo l’intera perdita netta industriale dell’attività. Tutti i costi fissi, assicurati o non, concorrono alla formazione della perdita e pertanto essa dovrà essere dedotta soltanto in proporzione al rapporto esistente fra i costi fissi assicurati ed il totale dei costi fissi gravanti sull’attività considerata. Nel caso in cui si adotti la forma “per differenza”, ciò non avviene in quanto deve presumersi che il totale dei costi fissi sia automaticamente incluso nell’utile lordo assicurato.

 PERDITA NETTA ED AGGIUSTAMENTI

Vi sono circostanze in cui la perdita industriale è una conseguenza di temporanee recessioni, mutamenti di mercato, caduta dei prezzi delle materie prime con riflessi negativi sul valore degli “stock”, difficoltà nelle relazioni industriali od altre cause di carattere eccezionale.  Poiché l’assicurazione mira a proteggere il risultato dell’attività proiettato nel futuro, potrebbero, in caso di sinistro, ricorrere i presupposti per invocare la clausola aggiustamenti qualora si riscontri una fondata aspettativa per un risultato utile dell’attività anche quando l’ultimo esercizio chiuso fosse in perdita.

In questi casi il correttivo più logico è quello di operare sul giro d’affari di riferimento o, in alternativa, sulla percentuale di profitto lordo.

VANTAGGI DEL METODO “PER DIFFERENZA”

E’ utile svolgere alcune considerazioni in merito ai vantaggi che l’adozione del metodo “per differenza” comporta rispetto a quello analitico, che prevede l’elencazione specifica di tutte le singole voci di spesa nonché dell’utile netto.  In particolare:

1) evita che siano diffuse notizie di carattere confidenziale come la remunerazione dei dirigenti o l’ammontare dell’utile di esercizio specificatamente riportati in polizza;

2) consente di assorbire fluttuazioni di singole voci di spesa nonché dell’utile netto senza che ne risulti modificata la percentuale di profitto lordo rispetto al fatturato;

3) permette di tener conto di particolari voci di spesa con carattere non-ricorrente (es. onorari di professionisti) senza che per questo si determini una modificazione della percentuale di profitto lordo che resta immutata, in quanto la somma delle spese fisse più l’utile netto (ridotto) non cambia.  Nell’esercizio successivo l’utile netto, a parità di altre condizioni, ritornerà al suo livello normale in conseguenza del venir meno della voce di spesa non-ricorrente;

4) l’uso di una cifra unica di profitto lordo incorporante spese fisse più l’utile netto consente di riflettere automaticamente situazioni in cui, aumentando la produzione o le vendite, l’attività assicurata registri un’espansione.  Anche nel caso in cui la percentuale di profitto lordo rimanga relativamente stabile, il rapporto fra spese fisse ed utile netto può variare considerevolmente, rimanendo tuttavia l’Assicurato adeguatamente protetto in virtù del meccanismo di calcolo dell’indennizzo che non tiene conto dell’importanza relativa delle spese fisse rispetto all’utile.

IL SINISTRO

Nel momento in cui si verifica un danno materiale suscettibile di produrre interferenza od interruzione dell’attività assicurata, occorrerà procedere ad immediata notifica all’Assicuratore che provvederà alla nomina di un perito qualificato. Sarà opportuno, nel contempo, effettuare un controllo generale riguardante la validità della polizza al momento del sinistro, l’eventuale esistenza di altre assicurazioni, l‘inclusione in polizza dei beni colpiti nonché dell’attività interessata dagli effetti negativi del sinistro, la probabile causa del danno e la sua riconducibilità entro i limiti della garanzia in essere. Gli sforzi congiunti dell’Assicurato e del perito dovranno essere subito volti alla sollecita ripresa dell’attività nonché all’adozione tempestiva di tutte le misure atte a ridurre le conseguenze dell’interruzione verificatasi.  A questo proposito, l’esperienza specifica del perito potrà rivelarsi di grande utilità per fronteggiare situazioni complesse facendo ricorso a procedure già sperimentate in casi precedenti. Anche se la polizza non prevede che l’Assicuratore debba prestare il proprio consenso a che si adottino misure straordinarie e si sostengano le relative spese, sarà comunque utile che si istituisca, tra Assicurato e perito, un accordo di consultazione permanente.  Da una parte occorrerà  infatti garantire che ogni possibile mezzo atto a ridurre le conseguenze del danno venga rapidamente utilizzato; dall’altra richiamare l’attenzione dell’Assicurato sui limiti entro cui le spese straordinarie potranno risultare risarcibili ed evitare, quindi, ogni esborso inutile od eccessivo. L’esigenza primaria di riprendere, almeno parzialmente, l’attività nel più breve tempo possibile dovrà essere posta al centro delle comuni preoccupazioni: l’uso di macchine di riserva, il noleggio di impianti o attrezzature, l’affidamento a terzi di determinate lavorazioni, il ricorso a turni straordinari di lavoro costituiscono soltanto alcune ipotesi ricorrenti da prendere subito in considerazione al fine di contenere al  minimo   interruzioni ed interferenze.  Vi sono stati casi in cui si è potuto ricorrere all’utilizzazione, in emergenza, di intere unità produttive disponibili in ubicazioni esterne all’azienda colpita da sinistro. Misure idonee dovranno anche essere impiegate per impedire la perdita di clientela ed il suo passaggio alla concorrenza attraverso l’attivazione di programmi di pubbliche relazioni, visite, circolari esplicative ed ogni altro accorgimento che possa bloccare, nell’immediato, un’irreversibile emorragia di lavoro.

TENUTA DEI LIBRI CONTABILI

Durante il periodo di interruzione od interferenza, l’Assicurato dovrà, per quanto possibile, mantenere la propria contabilità secondo i criteri in corso.  I dati di questa contabilità, unitamente a quelli disponibili per gli esercizi chiusi anteriormente alla data del sinistro, forniranno al perito la maggior parte delle informazioni necessarie allo svolgimento del proprio mandato.

Sarà opportuno, in ogni caso, che l’Assicurato provveda a tener separata evidenza di tutte le spese straordinarie sostenute durante il periodo d’indennizzo cosicché esse risultino facilmente identificabili.  Ciò è tanto più necessario qualora si ricorra a turni di lavoro straordinario con personale proprio. Per lo stesso motivo si dovranno registrare separatamente e tenere in evidenza tutte le transazioni di carattere eccezionale nonché le perdite di ordini, le variazioni intervenute nei prezzi delle materie prime, dell’energia elettrica e dei combustibili ed inoltre nei costi di mano d’opera e nei prezzi di vendita. L’insieme di tutti questi dati potrà essere raccolto ed ordinato dal perito-liquidatore nel corso di riunioni periodiche da tenersi con l’Assicurato durante il periodo d’interruzione in modo che risultino già disponibili elementi utili ai fini dell’applicazione dei necessari aggiustamenti

CALCOLO DEL DANNO

Una volta che gli effetti del sinistro avranno cessato di dispiegarsi sull’attività assicurata e non si renderanno più necessarie spese straordinarie per mantenere il giro d’affari, l’Assicurato sarà in grado di predisporre un documento contenente i parametri da utilizzare per la quantificazione del danno e la relativa richiesta di indennizzo. Il perito potrà così procedere ad un’attenta verifica di tutti i dati forniti dall’Assicurato facendo uso della propria esperienza nonché di tutte le informazioni acquisite nel corso dei suoi accertamenti.  In particolare egli avrà preliminarmente provveduto ad esaminare, in dettaglio, i principi contabili in uso presso l’Assicurato e la loro rilevanza in ordine alla quantificazione delle varie voci, attive e passive, che concorreranno a formare l’importo complessivo del danno indiretto sofferto. Taluni aspetti, quali il valore delle rimanenze iniziali e finali, dovranno essere attentamente valutati per i possibili effetti sul profitto lordo in periodi di vivace inflazione o di caduta dei prezzi nonché per accertare l’omogeneità dei criteri di calcolo nel corso dei diversi esercizi interessati.  Anche i principi utilizzati per il calcolo degli ammortamenti dovranno costituire oggetto di particolare attenzione.

 ELEMENTI FONDAMENTALI PER IL CALCOLO DEL DANNO

Premesso che, in ciascun specifico caso, si presentano situazioni di notevole variabilità, vale la pena di elencare una serie di informazioni essenziali costituenti il quadro di riferimento entro cui collocare il complesso procedimento di determinazione del danno indiretto:

1)   la data di cessazione effettiva del periodo di indennizzo che coincide con il momento in cui il  giro d’affari non subisce più le conseguenze negative del sinistro né si rendono necessarie spese anormali per il suo mantenimento;

2)    un prospetto dettagliato delle voci utilizzate per la determinazione dell’utile lordo assicurato che dovrà richiamarsi ai dati dell’ultimo esercizio finanziario chiuso;

3)    dettagli relativi a possibili voci di spesa omesse nell’utile lordo assicurato;

4)  l’ammontare del giro d’affari relativo all’ultimo esercizio finanziario anteriore alla data del    sinistro;

5)    l’ammontare del giro d’affari nei dodici mesi immediatamente precedenti la data del sinistro;

6)  la riduzione del giro d’affari ottenuta mediante comparazione fra quello prodottosi durante il periodo d’interruzione/interferenza e quello ottenuto nel corrispondente periodo durante i dodici mesi immediatamente precedenti la data del sinistro;

7)    dati relativi ad eventuali spese di carattere straordinario  sostenute  durante il periodo d’interruzione per ridurre il danno indiretto;

8)   dati relativi ad eventuali beni acquistati allo scopo di ridurre le conseguenze del danno e la cui utilità permanga anche dopo la scadenza del periodo di indennizzo;

9)  dati relativi ad  eventuali riduzioni di  spese  ed  oneri gravanti sull’attività verificatisi in conseguenza del danno;

10) qualora l’assicurazione dei salari sia  effettuata con  partita separata, i dati necessari alla quantificazione del danno sofferto per questa voce dovranno essere forniti separatamente anche in relazione al criterio adottato in polizza;

11) ogni documentazione a sostegno di eventuali richieste di aggiustamento delle voci da 2) a 6) sulla base della relativa clausola contrattuale.

VALORI RESIDUI

Si tratta di un aspetto non specificatamente trattato nel corpo delle condizioni di polizza che, tuttavia, acquista spesso rilevanza laddove siano state sostenute spese per la costruzione di opere temporanee, acquisto di macchinari ed impianti usati per lavorazioni provvisorie, collegamenti d’emergenza ecc., allo scopo di ridurre le conseguenze dannose del sinistro sull’attività assicurata.

Una volta ristabilite condizioni di normalità sarà necessario stimare il valore residuo di questi cespiti e detrarre l’importo relativo da quello risarcibile in tema di spese straordinarie.

PROLUNGAMENTO DEL PERIODO D’ INTERRUZIONE

Si tratta di un argomento già toccato in un precedente capitolo. L’orientamento costante del mercato inglese è quello di ammettere a risarcimento quei prolungamenti del periodo di indennizzo prodotti sì da cause estranee al sinistro ma che, in assenza di esso, non avrebbero prodotto  alcun effetto sull’attività assicurata. Resta naturalmente escluso da questa previsione il caso di impossibilità dell’Assicurato di provvedere alla riabilitazione dell’attività per mancanza di mezzi finanziari.

Qualora invece i fattori che determinano il prolungamento siano di tale natura per cui avrebbero esercitato comunque il loro effetto, anche in assenza di sinistro, l’aggravamento relativo non potrà essere preso in considerazione ai fini del risarcimento. Esempi tipici di questo secondo gruppo di fattori sono rappresentati da scioperi presso l’attività assicurata, restrizioni all’importazione di materie prime, oscillazioni di mercato, vincoli determinati dall’introduzione di nuove norme, ecc..

 ESEMPIO DI CONTEGGIO DELL’INDENNIZZO DOVUTO IN BASE ALLA POLIZZA DI LOP

Particolari della Polizza

   Contraente/assicurato:                      ABC Produktions-AG

   Massimo periodo di indennizzo:      12 mesi

   Periodo d’assicurazione                    21.3.77 – 21.3.78

   Posizione 1 – utile lordo:                   250.000.000   (2)

Informazioni di base

   Data del sinistro (danno materiale):           30.4.77

   Periodo d’interruzione:                               12 mesi

   Fatturato dell’esercizio precedente:           750.000.000  (4)

   Utile lordo dell’esercizio precedente:         225.000.000

   Fatturato nei 12 mesi immediatamente

   precedenti la data del sinistro:                   800.000.000    (5)

Circostanze particolari

Il margine di utile lordo calcolato in base ai risultati accertati per l’esercizio precedente deve essere rettificato in quanto, nonostante un aumento notevole dei costi di produzione, non è stato possibile modificare i prezzi medi di vendita a causa del controllo ufficiale dei prezzi.

Spese supplementari:                           22.500.000     (7)

il cui sostenimento ha evitato

un’ulteriore perdita di fatturato di      70.000.000

Risparmio relativo alle spese correnti:

il 45% di due salari mensili, per l’impiego del personale per i lavori di sgombero e di ricostruzione: 12.000.000.     (9)

Calcolo della perdita di fatturato:

Periodi di conteggio durante il periodo di indennizzo:

  1. a) 5.77 – 30. 6.77
  2. b) 7.77 – 31. 8.77
  3. c) 9.77 – 31.10.77
  4. d) 11.77 -31.12.77
  5. e) 1.78 –  30. 4.78     (1)

Conteggio (in 1.000):

  1. il fatturato accertato per lo stesso

periodo dell’anno precedente:                                            117.900

+ 20% aumento di tendenza (concordato)  9.580 =          141.480

fatturato accertato maggio/giugno 77 = 21.222 =             120.258

        b. il fatturato accertato per lo stesso

periodo dell’anno precedente:                                           122.600

+ 20% aumento di tendenza (concordato) 24.520 =         147.120

fatturato accertato luglio/agosto 77 = 29.424                   117.696

         c. il fatturato accertato per lo stesso

periodo dell’anno precedente:                                            130.200

+ 20% aumento di tendenza (concordato)   26.040 =       156.240

fatturato accertato sett./ottobre 77 = 62.496=                     93.744

          d. il fatturato accertato per lo stesso

periodo dell’anno precedente:                                            134.200

+ 20% aumento di tendenza (concordato) 26.840 =         161.040

fatturato accertato novembre/dic. 77 = 104.676 =              56.364

          e. il fatturato accertato per lo stesso

periodo dell’anno precedente:                                            295.100

+ 20% aumento di tendenza (concordato) 59.020 =         354.120

fatturato accertato – periodo rimanente = 332.800 =           21.320

Perdita durante il periodo di indennizzo

– totale –                                                                                        409.382    (6)

Conteggio dell’indennizzo:

a) Calcolo del margine di utile lordo:

Utile lordo d’esercizio precedente: x 100

Fatturato dell’esercizio precedente

= 225.000 x 100 = 30% meno rettifica 2,5% = 27,5%

   750.000

b) Perdita di fatturato x Margine lordo (rettificato):

409.382 x 27,5%                        = 112.580

+ spese supplementari                  = 22.500

considerate solo fino al limite economico cioè

perdita di fatturato evitata

x

margine lordo rettificato

70.000 x 27,5%                         = 19.250

–      valore residuo delle misure provvisorie = 3.375     (8)

–      risparmio relativo alle spese correnti = 12.000 + 3.375

Danno:                                                            116.455

Sottoassicurazione:

Somma assicurata, a termini di polizza        250.000.000

Valore assicurato:

– Fatturato durante i 12 mesi immediatamente precedenti la data del sinistro (periodo di riferimento) + 20% aumento di tendenza concordato x margine lordo rettificato:

= 800.000.000 + 160.000.000 = 960.000.000 x 27,5% = 264.000.000

Indennizzo: 250.000.000 x 116.455.000         110.279.356

264.000.000

LA POLIZZA AMERICANA DI “BUSINESS INTERRUPTION”

Si tratta della forma più comunemente usata negli Stati Uniti d’America e divenuta, in qualche misura, nota al mercato italiano in conseguenza dell’applicazione di programmi internazionali alle filiali di società americane stabilite nel nostro paese. La maggioranza delle polizze viene emessa in forma annuale   anche se non mancano esempi di polizze triennali le quali, di norma, prevedono uno sconto per durata e l’obbligo, da parte dell’Assicuratore, di non alterare le condizioni pattuite salvo modifiche sostanziali nel rischio. E’ previsto il reintegro automatico della somma assicurata a seguito di sinistro, particolare che si differenzia dalla forma inglese la quale prevede che ciascun sinistro riduca la somma assicurata salvo accordi speciali in deroga. Una clausola specifica, assente nella forma inglese, prevede che vengano obbligatoriamente mantenute le misure di protezione e prevenzione in atto al momento dell’assunzione del rischio, pena la sospensione della copertura limitatamente al settore direttamente interessato.

LA POLIZZA TIPO DI “BUSINESS INTERRUPTION”

La garanzia prestata è parte integrante della polizza contro i danni materiali e non costituisce, come nella prassi inglese, un separato contratto di assicurazione.  Di conseguenza, i rischi coperti ai fini dell’interruzione di esercizio non sono, di norma, ripetuti nel corpo delle clausole relative ed, inoltre, non si rende necessario sancire l’obbligo di assicurazione  contro i danni materiali che forma parte integrante della polizza inglese contro la perdita di profitti.  E’ interessante notare che, nella forma americana, si fa riferimento alle ipotesi di distruzione e danno: concetti che, nella forma inglese, sono compendiati nell’unica espressione di danno.

CONDIZIONI  RISARCIBILITA DEL DANNO INDIRETTO

Sono condizioni per la risarcibilità del danno indiretto:

1) che la perdita sia una diretta conseguenza dell’interruzione dell’attività necessariamente causata da danneggiamenti o distruzione della proprietà assicurata a seguito di un evento coperto dalla polizza contro i danni materiali. Relativamente ai rischi industriali, sono esplicitamente escluse le conseguenze di danni e/o perdite   riguardanti prodotti finiti;

2) che l’evento si sia verificato nel luogo indicato in polizza ed occupato dall’Assicurato per lo svolgimento della propria attività.  Ciò comporta l’esigenza di un’accurata descrizione del rischio e di un ‘ attenta valutazione del merito di eventuali estensioni a fornitori e/o clienti;’

3) che l’evento si sia verificato durante il periodo di validità della polizza in conseguenza di un rischio coperto, non costituendo la scadenza della polizza medesima il limite temporale di responsabilità dell’Assicuratore, che continua oltre tale data.

PERDITA EFFETTIVAMENTE SUBITA

Il meccanismo per la determinazione dell’indennizzo differisce profondamente da quello adottato nella forma inglese. Infatti, mentre quest’ultima assume come parametro fondamentale la riduzione del giro d’affari, nella forma americana si parla di “perdita effettivamente subita” senza indicare il metodo da seguire per la sua determinazione. Ciò implica un elemento discrezionale circa l’uso di un criterio appropriato, che potrebbe anche essere il giro d’affari, lasciando tuttavia continuamente aperto il problema, con possibili divergenze e dispute fra le parti.

RISPARMI

Nella, seppur schematica, definizione contenuta in polizza, si precisa che la perdita indennizzabile non potrà eccedere la riduzione dell’utile lordo meno le spese ed i costi che cessano di gravare durante l’interruzione dell’attività assicurata. Poiché nella definizione della somma assicurata sono incluse tutte le retribuzioni, ne consegue che ogni risparmio conseguente a riduzioni di organico a seguito di sinistro dovrà essere dedotto dal relativo risarcimento. Viene inoltre specificato che, ai fini dell’indennizzo, si dovrà tenere conto delle spese necessarie alla ripresa dell’attività per raggiungere un livello di efficienza analogo a quello esistente prima del sinistro.  Ciò significa che l’Assicurato potrà, a sua discrezione, entro i limiti suddetti, indicare voci di spesa (soprattutto salari) che potrebbero costituire oggetto di riduzione nelle condizioni determinatesi in conseguenza dell’evento dannoso.

PERIODO  INDENNIZZO

Siamo in presenza di un’altra differenza fondamentale rispetto alla forma inglese: non viene indicata una scadenza precisa risultando esso temporalmente definito dal periodo necessario a riparare o rimpiazzare, usando la dovuta diligenza. le proprietà danneggiate o distrutte.

Sotto il profilo dell’elemento temporale è evidente che la forma americana risulterebbe più vantaggiosa rispetto a quella inglese solo nel caso in cui il tempo ragionevolmente necessario per le riparazioni od il rimpiazzo eccedesse il periodo di indennizzo massimo prescelto.  In linea generale si possono fare le seguenti considerazioni:

1) nella forma americana non si tiene conto di tutti quei fenomeni negativi che possono perdurare anche oltre il tempo necessario per la reintegrazione fisica dei beni colpiti (es. perdite di mercato, difficoltà di ricostituzione dell’organico, problemi di ripartenza  degli impianti, ecc.);

2) un rimedio viene offerto in forma di estensione per un periodo di 30 giorni o multipli con il limite del tempo necessario a riportare l’attività assicurata al livello in atto  prima del verificarsi del sinistro;

3) l’uso del termine “attività”, diverso da quello di “proprietà”, rivela un intento analogo a quello perseguito dalla polizza inglese, che è implicito nei suoi meccanismi contrattuali;

4) questa particolare estensione deve accompagnarsi ad un proporzionale adeguamento della somma assicurata in corrispondenza con il più lungo periodo di interruzione assunto in garanzia;

5) la data di decorrenza di questa copertura integrativa coincide con quella in cui, con l’uso della normale diligenza, la proprietà colpita da sinistro è stata o avrebbe potuto essere riparata o rimpiazzata.

SPESE PER RIDURRE IL DANNO

Si tratta di un capitolo di spese automaticamente incluse in garanzia , risarcibili autonomamente rispetto alle somme relative alla perdita di utile lordo, salvo l’applicazione del limite massimo rappresentato dalla somma assicurata. Analogamente a quanto avviene nella forma inglese, l’applicazione del “limite economico” alle maggiori spese è oggetto di una specifica clausola contrattuale. Per i rischi industriali sono indennizzabili anche le maggiori spese sostenute per reintegrare le scorte di magazzino sempreché esse siano funzionali alla riduzione del danno indiretto.

RIPRESA DELL’ ATTIVITA’

Anche la forma americana contiene una clausola che istituisce un interesse comune fra Assicuratore ed Assicurato a che l’attività sia ripresa nel più breve tempo possibile, se necessario, avvalendosi di lavorazioni presso terzi e/o altre forme straordinarie di intervento .Valgono, anche a questo proposito, le norme generali in tema di economicità delle misure adottate rispetto al beneficio conseguito.

CLAUSOLA DI COASSICURAZIONE

Si tratta di una clausola di importanza fondamentale il cui significato viene talvolta frainteso.  In sostanza la funzione di questa clausola si avvicina a quella svolta dalla cosiddetta “regola proporzionale” anche se il metodo adottato differisce da quello previsto dalla forma inglese.

Di fatto, la forma americana prevede una copertura con carattere di primo rischio, a condizione che la somma assicurata corrisponda, perlomeno, ad una determinata percentuale della somma totale assicurabile.  La misura di questa percentuale varia da caso a caso ed è correlata al tasso di polizza.  La scelta spetta, di regola, all’Assicurato anche se, per determinate categorie di rischi industriali, esistono dei minimi obbligatori. Esemplificando, se al momento del sinistro la somma assicurata con polizza che preveda una percentuale di coassicurazione del 50% è pari perlomeno al 50% dell’utile lordo che sarebbe stato conseguito nei 12 mesi successivi al sinistro, il danno sofferto sarà risarcibile per intero salvo il limite della somma assicurata.  Questa situazione determinerebbe una copertura pari a 6 mesi di interruzione totale o per un più lungo periodo di interruzione parziale. Vale la pena di ricordare che la clausola di coassicurazione non si applica alle maggiori spese sostenute per ridurre la perdita industriale.  Nella pratica questa clausola consente di assicurare una somma inferiore a quella annua senza incorrere nell’applicazione della proporzionale e, sotto questo profilo si avvicina alla funzione svolta dal periodo di indennizzo massimo della forma inglese. Particolare attenzione va prestata al fatto che il dato di riferimento ai fini della proporzionale è rappresentato dall’utile lordo che sarebbe stato conseguito nei 12 mesi immediatamente successivi alla data del sinistro se questo non si fosse verificato. Ciò determina, anche in questo caso, la necessità di proiettare nel futuro il risultato dell’attività assicurata.

AGGIUSTAMENTI

Nel corpo delle condizioni relative alla forma “gross earnings”  compare una clausola di poche righe che, tuttavia, riveste un’importanza non secondaria nel processo di determinazione dell’indennizzo.

Essa stabilisce che “nella quantificazione della perdita di profitto lordo si tenga debito conto dell’andamento dell’attività prima della data del sinistro e del suo probabile svolgimento qualora il sinistro medesimo non si fosse verificato”. Si tratta, in sostanza, di una versione più sintetica della clausola “aggiustamenti”, propria della forma inglese, che pone a carico del perito un onere considerevole di discrezionalità per la determinazione dell’indennizzo. Ricordiamo che la proiezione dei risultati che si sarebbero registrati nel corso dei dodici mesi successivi alla data del sinistro è essenziale anche ai fini dell’applicazione della regola proporzionale, come previsto dalla clausola di co-assicurazione.

LIBRO PAGA

Questa voce si intende automaticamente compresa senza indicazione di una partita separata, contrariamente a quanto avviene nella forma “loss of profits”. Si presenta, tuttavia, un problema di interpretazione e di potenziale conflitto in ordine alla clausola contrattuale che prevede l’ammissibilità di quei costi “necessari a riprendere l’attività assicurata allo stesso livello di servizio esistente al momento immediatamente precedente il sinistro” .E’ chiaro che occorrerà decidere quali forze di lavoro dovranno essere mantenute laddove non sia possibile una loro piena utilizzazione, argomento sul quale i punti di vista dell’Assicurato e dell’Assicuratore potrebbero divergere. Un datore di lavoro assicurato potrebbe infatti desiderare di mantenere a libro paga l’intera forza lavoro, anche non utilizzata, in vista della piena ripresa produttiva, mentre l’Assicuratore non potrà che tendere al massimo contenimento del danno risarcibile. Di contro va ricordato che una riduzione del monte salari durante il periodo di indennizzo potrebbe anche favorire l’Assicurato, sia rendendo disponibili somme maggiori per le altre componenti del profitto lordo, qualora vi fosse insufficienza d’assicurazione, sia in ordine agli effetti della clausola di coassicurazione.

“WORKSHEET”

C’è un ulteriore aspetto che distingue l’ assicurazione contro i danni indiretti negli Stati Uniti ed in Canada dalla pratica vigente in Gran Bretagna: la necessità, da parte dell’Assicurato, di predisporre un apposito questionario (“worksheet”) che viene fornito dall’Assicuratore, ogni anno, in un formato “standard”. Esso contiene circa venti voci che concorrono a formare l’importo da assicurare in tema di “gross earnings” relativo al periodo di dodici mesi di rinnovo o di prima assicurazione.  Il questionario è composto di due colonne parallele una riguardante le cifre da indicare all’atto della compilazione e l’altra le stesse voci proiettate nei dodici mesi susseguenti. Particolare rilievo viene assunto dalle note che richiamano l’attenzione dell’Assicurato in merito alla circostanza che l’applicazione della clausola di co-assicurazione riguarda “sempre il futuro e mai il passato” allo scopo di limitare il rischio di sotto-assicurazione involontaria.

FORMA SEMPLIFICATA  “GROSS EARNINGS”

Intorno agli anni ’50 venne introdotta nel mercato americano una forma semplificata di assicurazione contro il rischio di interruzione d’esercizio. La ragione di questa scelta si collegava alla necessità di offrire uno strumento più agile ad aziende di dimensioni medio piccole  per le quali la forma completa risultava di non facile comprensione e, in taluni casi, del tutto improponibile. I due connotati fondamentali di questa polizza “ridotta” sono rappresentati dall’assenza della clausola di co-assicurazione e dalla non necessità di compilare il “worksheet“. Nel tempo il suo uso si è notevolmente allargato estendendosi a taluni rischi industriali tanto da costituire oggi una componente non trascurabile dell’intero comparto danni indiretti del mercato statunitense. Il principio della “perdita effettivamente subita” viene mantenuto ma la somma assicurata è fissata dall’Assicurato medesimo sulla base di proprie valutazioni e la clausola di co-assicurazione è sostituita da un limite di risarcimento mensile. Pertanto l’indennizzo relativo a ciascun periodo di 30 giorni consecutivi non potrà eccedere una percentuale della somma assicurata totale selezionabile fra le seguenti alternative: 16-2/3%, 25%, 33-2/3%. Tali limiti vengono applicati separatamente a ciascun periodo di 30 giorni consecutivi in modo tale che eventuali risparmi conseguiti in un periodo non potranno essere trasferiti su quello successivo. Non è richiesto che la limitazione percentuale mensile corrisponda all’effettivo utile lordo per lo stesso periodo né che la somma assicurata totale rappresenti l’effettivo utile lordo annuo. La stima dell’Assicurato costituisce quindi un fattore decisivo e questa forma di assicurazione offre, in concreto, una copertura di primo rischio per un periodo di 30 giorni o multipli.  Ne consegue una notevole rigidità d’impianto e l’impossibilità di tener conto di una serie di fattori che possono influenzare l’attività assicurata durante il suo svolgimento (=stagionalità, “trend”, inflazione, imprevisti , ecc.).

LA SITUAZIONE ITALIANA

a) Prime esperienze

 Il ritardo con il quale le prime forme di garanzia contro i “danni indiretti” vengono introdotte nel nostro paese è commisurabile allo sviluppo relativo del nostro sistema economico e finanziario rispetto a quelli dei paesi anglo-sassoni nonché dei paesi europei più avanzati. Basti pensare che, in un recente studio pubblicato dalla Munchener Ruck sulle pratiche assicurative adottate nei principali mercati , si fa cenno all’Europa del Sud (Spagna, Italia, Portogallo, Grecia) per concludere che, quando lo sviluppo del ramo sarà divenuto significativo, allora potrà valere la pena di svolgere un’analisi anche per quei paesi. Negli anni ’50 emergono le prime, sporadiche esperienze assicurative in questo settore che assumono, sulla base di obsoleti modelli francesi ed inglesi, la forma “a percentuale”. Lo sviluppo successivo è assai lento e contrastato, incontrando difficoltà di ordine tecnico, organizzativo e contabile. A differenza di quanto avvenuto in altri paesi, il grado di omogeneità nella tenuta dei libri contabili e delle procedure è assai basso; molto diffuso il sistema delle contabilità doppie, in funzione evasiva ed elusiva, che rendono arduo l’accertamento del danno subito ingenerando, nel contempo, atteggiamenti di sospetto e scetticismo da parte dei destinatari della copertura. L’industria assicurativa, nel suo insieme, stenta a trasferire studi ed interessi occasionali in conoscenze diffuse e pratiche di mercato consolidate. Il contributo degli assicuratori stranieri, peraltro apprezzabile, resta confinato a casi sporadici riguardanti grandi industrie con carattere internazionale, mentre la piena comprensione delle forme più avanzate di garanzia, già da tempo adottate in altri paesi, rimane limitata a ristretti gruppi di esperti. Intorno agli anni ’70, il mercato si orienta verso modelli di garanzia “intermedi” costruiti su un impianto che, di norma, prevede l’assicurazione di una “diaria giornaliera” ed il riferimento alla produzione considerata convenzionalmente  corrispondente ad una data “quantità” di profitto lordo aziendale. Questo strumento, certamente limitato ed impreciso, viene progressivamente abbandonato in seguito all’evoluzione delle conoscenze e dell’affinamento delle pratiche di mercato, pur sopravvivendo, per taluni casi, anche ai nostri giorni.

b) Sviluppi recenti

Il primo studio organico sull’argomento, peraltro di notevole valore, appare nel 1982 a cura dell’Ing. M. Steidl (“L’Assicurazione danni indiretti basata sul volume di affari”) e, soltanto in epoca assai recente, sono apparse relazioni tecniche e pubblicazioni dedicate all’argomento. In sede A.N.I.A. l’argomento fu trattato, dapprima, nell’ambito della sezione tecnica – incendio. In data 14 gennaio 1985, la Compagnia Fondiaria inviava all’organo competente una lettera (cfr all.) nella quale si sosteneva l’opportunità di procedere ad approfondimenti in ordine alle diverse forme di copertura utilizzata dal mercato al di fuori di quella classica basata sul volume di  affari. A seguito di questa sollecitazione, in data 5 Marzo 1986, la sezione tecnica Incendio decideva di costituire una commissione “ad hoc” della quale venivano chiamati a far parte i signori: Steidl (Relatore) – Baldini – Ferrario –  Pozzato (Uditore Ing. Urbani).

Documento fondamentale nell’evoluzione della normativa in tema d’interruzione d’esercizio è la polizza del 1984 (testo ANIA) alla cui stesura contribuì, in maniera decisiva, proprio l’Ing. M. Steidl della Fondiaria. In essa l’impianto generale della polizza inglese di LOP è pienamente recepito con le relative definizioni e tutti gli altri lineamenti fondamentali quali la formula per il calcolo dell’indennizzo e quella che presiede all’applicazione della “regola proporzionale”. 

Verso la fine degli anni ’80 si avverte l’esigenza di adeguare la terminologia contabile utilizzata nel testo di polizza “interruzione d’esercizio” per meglio riflettere la pratica corrente nel mondo economico. A questo proposito vengono condotti studi congiunti fra organi tecnici ed esponenti del mondo accademico. In una prima fase, l’attenzione si concentra sui termini presenti nel testo di polizza (giro d’affari, profitto lordo, costi variabili) per indicare l’opportunità di adottarne altri più consoni alla pratica corrente (fatturato, margine di contribuzione, costo variabile del venduto). Il problema degli aggiornamenti terminologici è di  rilievo nel senso che aiuta la comprensione dei contenuti della garanzia da parte degli assicurati e limita, in qualche misura, la probabilità di contenziosi in sede di liquidazione dell’indennizzo dovuto. L’argomento è tuttora all’attenzione degli operatori esistendo un concorso di opinioni in merito all’utilità di questo esercizio. Intorno ai primi anni ’90, tuttavia, si manifesta nella comunità  assicurativa e nelle sedi tecniche istituzionali un indirizzo rivolto a modificare, in modo sostanziale, la struttura della polizza del 1984 modellata sulla forma inglese di LOP. Tale esigenza, posta con particolare vigore da alcune compagnie di mercato, sarebbe fondata sulla necessità di elaborare uno strumento più semplice, snello e comprensibile atto a diffondere l’interesse per le garanzie d’ “interruzione d’esercizio”. Va notato che l’emergere di questo orientamento coincide con uno dei periodi più difficili della storia del mercato assicurativo italiano ed internazionale del dopoguerra.

I risultati tecnici sono estremamente negativi in tutti i rami danni ed , accanto alla passività prodotta da condizioni antitecniche di assunzione dei rischi, si manifestano casi non infrequenti di reclami dolosi anche nel limitato settore delle coperture indirette. Ne consegue una particolare preoccupazione, da parte dei principali assicuratori del mercato  di introdurre nel testo di polizza clausole cautelative in un’ottica di contrasto alle delle frodi . Per queste ragioni, piuttosto che per motivi di ordine strettamente tecnico o commerciale, la polizza definita “sul margine di contribuzione” presenta taluni connotati che potremmo definire “precauzionali”. Mi riferisco, in particolare, alla clausola che prevede l’assunzione, ad elemento integrante del contratto, degli ultimi tre bilanci relativi all’attività assicurata, quella che prevede la cessazione automatica della garanzia nel caso di due esercizi consecutivi chiusi in perdita, nonché  una serie di altre  clausole , in tema di obblighi dell’Assicurato, che sono chiaramente rivelatori di questo particolare stato d’animo.  Va subito chiarito che il testo di polizza “sul margine di contribuzione”, di recentissima introduzione, ha provocato, come molti sapranno, un acceso dibattito sul merito complessivo e su specifici aspetti del suo contenuto e certamente non può ancora considerarsi né definitivo né di universale applicazione . Esso è  apparso con intenti di superamento e di miglioramento della polizza “classica” quando questa forma di garanzia, già in uso da decenni  in altri mercati, non era stata ancora pienamente compresa né sufficientemente diffusa nel mercato italiano. D’altro canto non può essere taciuto che le difficoltà incontrate dalla polizza LOP e quindi dalla polizza italiana del 1984 non dipendono tanto da carenze loro proprie, quanto dalla complessità intrinseca ed ineludibile dell’oggetto stesso della garanzia prestata, vale a dire l’interruzione d’esercizio. Questa difficoltà è insuperabile nel senso che può essere affrontata soltanto attraverso un lungo e paziente processo educativo, sul piano teorico, e mediante la necessaria diffusione sul campo dello strumento, premessa indispensabile per la sua graduale, piena comprensione . Si tratta di un itinerario faticoso ed accidentato che costituisce, tuttavia, l’unico percorribile ai fini del necessario e salutare rafforzamento del mercato in questo interessante e certamente sottosviluppato settore dell’assicurazione contro i danni.

Non è intenzione di questo studio, che, come già accennato, ha carattere istituzionale, addentrarsi in un’analisi di dettaglio della polizza sul “margine di contribuzione”, obbiettivo che può essere utilmente perseguito nell’ambito di uno studio monografico. Qui ci limiteremo a mettere in evidenza le differenze fondamentali nell’architettura generale del contratto rispetto alla polizza di LOP e quindi alla polizza italiana del 1984. Si può affermare che le strutture portanti (e certamente geniali) della polizza di LOP  siano le seguenti:    

I) la formula per il calcolo dell’indennizzo

II) la clausola “aggiustamenti”

III) il meccanismo per l’applicazione della proporzionale.

Tutte e tre queste componenti non trovano riscontro nella polizza “sul margine di contribuzione” anche se la clausola “aggiustamenti” è adombrata e conglobata nell’art. 20 comma a) “determinazione del danno”. Ebbene, l’esperienza condotta in altri paesi, pur con le diverse condizioni economiche e normative illustrate nella parte iniziale di questo studio, ha rilevato l’importanza fondamentale di queste componenti le quali, unite a pratiche consolidate di carattere assicurativo e contabile, consentono di realizzare il grado più elevato di copertura, la massima flessibilità d’impianto ed un chiaro quadro di riferimenti per la corretta liquidazione dei danni sofferti. Non ritorneremo sulle analisi già svolte nel corso del capitolo (4), ma vale la pena di notare che i meccanismi ed i principi colà descritti, per esempio in tema di calcolo dell’indennizzo, dovranno trovare necessariamente applicazione anche quando il testo adottato sia quello sul “margine di contribuzione”.  La comparazione fra il fatturato conseguito durante il periodo immediatamente anteriore al sinistro, che coincide con il periodo di indennizzo e quello conseguito nel periodo di indennizzo medesimo, è un passo iniziale che non pensiamo possa essere evitato o sostituito. L’analisi della documentazione contabile dei piani aziendali, degli ordini e di qualunque altro elemento utile a quantificare correttamente il pregiudizio è implicita nel concetto stesso di “perdita di profitto lordo” e chiaramente espresso nella clausola “aggiustamenti” che costituisce, insieme alla formula, la vera struttura portante del contratto sotto il profilo dell’attività rivolta all’accertamento del danno. Certamente non potrà sfuggire la difficoltà di effettuare un raffronto (= differenza) rispetto ad un dato ignoto ( e difficilmente determinabile)   come il “margine” che sarebbe stato conseguito in assenza di sinistro. Si tratta in realtà di “giochi linguistici” in quanto la polizza di LOP si propone specificatamente di riportare l’assicurato alla condizione in cui si sarebbe trovato se il sinistro non si fosse verificato in ossequio al principio generale sotteso ad ogni forma di assicurazione che è quello ” indennitario “. Diverso è il caso della “regola proporzionale” che riceve, nel testo sul “margine di contribuzione”, una disciplina del tutto difforme e contrastante con quella di LOP. La forma inglese prevede in sostanza che la somma assicurata sia scelta liberamente dall’Assicurato salva l’applicazione della proporzionale qualora la “percentuale di profitto lordo” applicata al “giro di affari annuo” produca una somma superiore a quella assicurata. Nella polizza sul “margine di contribuzione” si indica all’Assicurato quanto deve assicurare (= M.D.C. relativo all’ultimo bilancio d’esercizio approvato) e questa circostanza evita, di per sé , l’applicazione della proporzionale salvo quanto disposto all’art. 21 delle Condizioni Generali di Assicurazione. Le differenze fondamentali di cui sopra fanno sì che, nella polizza sul M.D.C., non appaiano elementi costitutivi della polizza di LOP quali la “percentuale di profitto lordo”, il “giro d’affari annuo” e il “giro d’affari di riferimento”. Queste tre cardinali definizioni sono, peraltro, gli unici strumenti utilizzabili per l’applicazione concreta della clausola “aggiustamenti” come ampiamente illustrato nei capitoli precedenti.

c) Aspetti contabili e contenuti assicurativi

Sotto diversi profili ed in vista di una più approfondita valutazione dei rischi assunti in tema di interruzione d’esercizio, si è avvertita l’esigenza di porre l’accento sull’analisi contabile e di bilancio delle aziende assicurate. In particolare ci si è soffermati su taluni aspetti della contabilità aziendale che siano rivelatori dello “stato di salute” dei rischi in esame, i cosiddetti “indici di redditività” e precisamente:

I) Redditività delle Vendite

Misura la capacità dell’azienda di conseguire i volumi di vendita a prezzi adeguati alla copertura dei costi sostenuti ed indica, globalmente, il margine di reddito operativo per valore unitario di vendita, espresso nella formula seguente:

 = risultato netto                (%)

      ricavi netti di vendita

II) Redditività del capitale investito

Misura la remunerazione degli investimenti aziendali attuata attraverso la gestione caratteristica indicando la capacità di sfruttare, attraverso politiche di gestione appropriate, gli investimenti in essere, espresso nella seguente formula:

     = risultato operativo    (%)

         capitale investito

III) Redditività del capitale proprio

Offre un’indicazione della remunerazione periodica che l’azienda è in grado di generare a favore dell’investimento effettuato dai soci ed esprime l’efficienza globale di tutte le scelte aziendali secondo la seguente formula:

= utile netto               (%)

  capitale proprio

Tutte le componenti del bilancio aziendale interessano gli assicuratori che valutano il rischio d’interruzione d’esercizio sia ai fini assuntivi sia in ordine all’acquisizione di elementi che rendano più agevole il calcolo dell’indennizzo dovuto a seguito di sinistro. Vale quindi la pena di soffermarsi, insieme agli esperti del settore sotto il profilo contabile, su alcuni aspetti fondamentali attinenti l’oggetto della nostra analisi. E’ appena il caso di notare che tutti gli elementi  sopradescritti ,  che appartengono alla sfera propriamente contabile delle valutazioni di parte assicurativa, non possono andare disgiunti da altri che potremo ricondurre alla componente soggettiva o “morale” del rischio, sempre determinante ai fini assuntivi. In particolare, ogni  rischio d’interruzione d’esercizio  dovrà essere analizzato anche attraverso indagini sul campo ed, a questo proposito, il valore del sopralluogo appare decisivo ed insostituibile. Le modalità di esecuzione di quest’ultimo variano in funzione della causale di danno (incendio o guasti macchine) ed i risultati che ne derivano sono posti a fondamento di ogni ulteriore valutazione di ordine tecnico-assicurativo.

d) Considerazioni Assicurative

Per passare all’interpretazione del bilancio aziendale in relazione alle esigenze assicurative, occorre inserire nel contesto assicurativo le problematiche e i risultati ottenuti mediante l’analisi economico-finanziaria dell’azienda. La valutazione della situazione aziendale è elemento preliminare per una corretta copertura assicurativa danni di interruzione di esercizio  poiché , attraverso tale valutazione , è possibile:

– prendere visione di come l’azienda opera nel mercato e secondo quale processo produttivo e decisionale attua i propri scopi;

– conoscere dal punto di vista contabile le fasi di gestione aziendale e di determinazione del risultato economico;

– evidenziare gli elementi contabili necessari per definire la somma assicurata relativa alla copertura danni di interruzione di esercizio.

e) Determinazione della Somma assicurata

Tenendo presente che lo scopo dell’assicurazione è quello di eliminare gli effetti negativi del sinistro sull’andamento aziendale, la somma assicurata deve riguardare la copertura di tutti i costi che l’azienda continua a sostenere nonostante l’interruzione dell’attività produttiva e la conseguente riduzione del fatturato e il risarcimento per il mancato utile che deriva dalla stessa riduzione.

Ne segue che la somma assicurata è data dalla differenza tra Il fatturato conseguito e il costo del venduto. Con il termine fatturato si intende l’ammontare dei ricavi di vendita che l’azienda realizza durante il periodo di esercizio.  Secondo tale definizione vengono considerati i ricavi di competenza conseguiti per l’attività tipica svolta negli stabilimenti dell’impresa e indicati in polizza.  Tale valore va utilizzato al netto di sconti e abbuoni concessi alla clientela.  La scelta di questo valore è dovuta alla necessità di definire in modo certo e immediato l’attività dell’impresa e di utilizzare un valore che esprima efficacemente la capacità di creare reddito di un’azienda. Riguardo al secondo elemento – il costo del venduto – che individua la somma assicurata, esso è costituito da tutti quei costi il cui utilizzo è strettamente legato alla produzione ed evidenziano i costi variabili al variare della produzione.

In linea generale, trascurando le particolarità di ogni singola azienda, il costo del venduto è definito in base alla riclassificazione del conto economico ed è composto da:

– rimanenze iniziali

– (rimanenze finali a detrarre)

– acquisti di materie prime

– costo del lavoro dì produzione (salari operai, qualora essi possano essere posti in cassa integrazione; in caso contrario tale costo diventa fisso e quindi non va detratto)

– costi industriali (consumi di energia)

A tali valori è possibile aggiungere i costi di vendita ‘(detti anche costi commerciali) il cui ammontare utilizzato nel processo produttivo varia al variare del volume della quantità prodotta.  Tali costi sono individuati dal costo del trasporto per consegne e dalle provvigioni agli agenti.

Su tale base la somma assicurata appare definita come segue:

SOMMA ASSICURATA = FATTURATO – COSTO DEL VENDUTO

Il valore risultante dalla differenza è definito con il termine margine di contribuzione; a tale importo vanno eventualmente sottratti i costi di vendita, se chiaramente determinati e se cessano al cessare della produzione ( potrebbero invece proseguire nel caso in cui si continui a vendere le scorte pur in mancanza di produzione).

f) Applicazioni assicurative

Occorre ora fare il punto relativamente a quanto si è detto in riferimento alle nostre esigenze di carattere assicurativo.

La prima cosa da studiare è la classificazione dell’azienda e cioè la sua appartenenza al settore di servizi piuttosto che al settore di produzione, soprattutto per i riflessi che può avere l’esistenza e la contabilità di magazzino.

Il secondo passo da effettuare è lo studio economico-finanziario dell’azienda: si dovrà riclassificare il bilancio, scindere chiaramente la sua gestione tipica dalla gestione finanziaria e straordinaria che nulla ha a che fare con un eventuale danno al magazzino o agli impianti di produzione ( eliminando quindi dal conto profitti e perdite le plusvalenze e ricavi da gestione finanziaria o straordinaria) e procedere poi alla determinazione degli indici e alla determinazione della somma assicurata.

Analisi del bilancio: da quanto si è detto finora risulta chiaro:

– la necessità di analizzare il bilancio degli ultimi 3 anni;

– la necessità di distinguere l’attività tipica da quella straordinaria;

– le necessità di distinguere la tipologia dell’industria ( se di servizi o di produzione);

– la necessità di procedere alla riclassificazione del bilancio;

– la necessità di considerare gli indici di   bilancio e di poterli confrontare.

L’obiettivo essendo quello di conoscere al meglio l’attività dell’industria da assicurare, è opportuno procedere secondo le seguenti modalità:

– analizzare presso la Camera di commercio locale o tramite Cerved (via Direzione) i bilanci,  procedere alla riclassificazione e all’analisi degli indici preliminari di bilancio sotto riportati;

– procedere all’offerta della proposta e all’assicurazione solamente nel caso in cui l’analisi preliminari degli indici sia soddisfacente;

– in caso contrario occorrerà la valutazione di tutti gli indici di bilancio nonché ulteriori ragguagli e approfondimenti.

Indici di bilancio preliminari da valutare :

                                                                                         risultato netto

1-         Indice di redditività delle vendite:                     ——————

                                                                                    ricavi netti di vendita

Un valore intorno al 10% è ideale; la diminuzione dell’indice nel corso degli ultimi tre anni fornisce un segnale negativo relativamente alla gestione aziendale nel suo complesso.

2 –        Indice di redditività del capitale investito (ROI)

risultato operativo

   ————–          (%)

 capitale investito

In genere un valore intorno al 15% – 18% esprime un segnale positivo.

3 –       Indice del costo di indebitamento (CI)

oneri finanziari

  ————–        (%)

mezzi di terzi

Se ROI   >  CI allora l’azienda riesce a coprire il costo dell’indebitamento attraverso      la    sua   capacità    di creare ricchezza.

4 –     Rapporto di indebitamento (RI)

capitale di terzi

——————-

capitale proprio

Un valore dell’indice pari o  minore di tre esprime un segnale positivo

L’ASSICURAZIONE CONTRO I DANNI D’INTERRUZIONE D’ESERCIZIO NELLO SPECIFICO CONTESTO DEI RISCHI TECNOLOGICI

Nel quadro generale disegnato per lo svolgimento di questo corso, l’argomento “interruzione d’esercizio” viene, nel suo insieme, considerato come parte del capitolo dei “rischi tecnologici”.

Questa scelta ha consentito di introdurre il tema nel programma generale, assegnandogli quel carattere di particolarità e specializzazione che certamente gli compete . Ricordiamo come,  già ai primordi della sua storia, i cultori di questa disciplina ne avessero rivendicato l’autonomia rivelando, nel contempo, un carattere importante di questa branca dell’assicurazione: la sua sostanziale indipendenza rispetto alla causale di danno che ne determina l’operatività (incendio, guasto macchina, ecc.). Questa particolare connotazione del ramo ebbe riflessi anche sulla composizione ed attività dei “gruppi di lavoro” nell’ambito della Sezione Tecnica in sede A.N.I.A., cosicché, per molti anni, operarono due gruppi distinti per incendio e guasti macchine.

Solo recentemente, ed a noi sembra con giusta motivazione, i due gruppi sono confluiti in un unico organismo che si occupa di entrambe le causali di danno. Poiché, tuttavia, l’argomento a noi assegnato si inserisce nel contesto di un corso dedicato ai “rischi tecnologici” ed in relazione alla nostra attività e specializzazione, riteniamo giusto dedicare una parte di questa trattazione ai connotati specifici dei rischi d’interruzione d’esercizio di natura propriamente tecnologica.

Rientrano in questa categoria l’interruzione d’esercizio a seguito di “guasti macchine”, quella collegata a coperture “elettroniche” ed, infine, le garanzie denominate A.L.O.P. (Advance Loss of  Profits). Queste ultime costituiranno oggetto della parte conclusiva del programma assegnatoci.Come accennato precedentemente, l’impianto fondamentale della polizza “interruzione d’esercizio” non varia in funzione della causale di danno; esistono per altro delle particolarità proprie delle coperture prestate in tema di “rischi tecnologici” ed è proprio su queste che intendiamo soffermarci.

Aspetti assuntivi/Guasti macchine

E’ questo il profilo di più netta differenziazione rispetto ai rischi d’interruzione d’esercizio con causale incendio.

La diversità dei punti di vista e delle modalità di analisi del rischio si manifesta sia nella fase di acquisizione delle informazioni tecniche (di norma per mezzo di sopralluogo) sia in quella di quotazione del rischio.

La premessa generale è data dalla diversa articolazione del quadro tecnico-assicurativo di riferimento che, nel caso dell’interruzione da guasto, è riferito all’ipotesi di forzata interruzione di una o più unità di macchinario e/o impianto. La mancanza di esposizioni a carattere catastrofale (incendio, eventi naturali, socio-politici) determina una situazione di rischio assai più circostanziata e misurabile. Poiché l’ipotesi di assicurazione di un solo impianto o macchinario è assai rara, l’assicuratore si troverà, di norma, in presenza di una o più catene di montaggio con pluralità di macchinari per la produzione, nonché di un certo numero di impianti dedicati ai servizi generali (energia, vapore, acqua, gas, aria compressa, ecc.). Ne deriva la necessità di addentrarsi, con ampiezza di dettaglio, nella struttura e composizione del processo produttivo identificandone le strozzature o “colli di bottiglia”, l’importanza relativa dei vari componenti riferiti alla produzione ed al fatturato (“incidenza”), l’esistenza di “riserve” installate o comunque disponibili ed, infine, il tempo presumibilmente necessario alla riparazione e/o al rimpiazzo dei principali elementi di rischio (“fattore d’interruzione”). Come e più ancora che per la causale incendio, risultano significativi gli aspetti attinenti il livello generale e specifico di manutenzione, l’esistenza di programmi preventivi per determinate categorie di macchinari ed impianti, la disponibilità di parti di ricambio, la presenza di risorse interne per effettuare riparazioni d’emergenza, nonché le caratteristiche  specifiche dei principali componenti a rischio quali età, costruzione, stato d’uso, provenienza, caratteristiche di prototipo, ecc. Come accennato precedentemente, l’acquisizione di questi elementi nonché della fondamentale “impressione generale di rischio” non può che ottenersi mediante sopralluogo.

La procedura più razionale e proficua segue, generalmente, lo schema seguente:

  1. analisi a tavolino con l’ausilio di documentazione tecnica;
  2. ispezione in stabilimento.

Di grande aiuto sarà la collaborazione “in loco” di un soggetto tecnico con conoscenza approfondita dei processi produttivi, dell’articolazione impiantistica e delle procedure interne in tema di manutenzione e prevenzione.

Il punto di partenza più utile è rappresentato dall’analisi congiunta dello “schema di flusso” (“diagram-flow chart”) con l’identificazione delle percentuali di incidenza delle diverse linee produttive, dei prevedibili fattori di interruzione, dell’esistenza e rilevanza delle riserve installate o comunque disponibili.

Anche in tema di “servizi generali”, una disamina preliminare con documentazione tecnica di supporto risulterà preziosa. Per il capitolo “energia”, spesso determinante, si procederà ad un esame dello “schema elettrico unifilare” relativo alle potenze installate ed alle reti di distribuzione e trasformazione, decisivo per l’apprezzamento del relativo rischio d’interruzione e degli eventuali margini di riserva. Di importanza non trascurabile è l’analisi delle tipologie di prodotto con particolare riferimento alla possibilità di continuare l’attività, in tutto o in parte, mediante lavorazioni presso terzi nonché di acquistare all’esterno prodotti finiti e/o semilavorati a costi supplementari noti. L’analisi “sul campo” verrà completata con le informazioni relative ai livelli di magazzino mediamente disponibili, all’eventuale carattere di “stagionalità” delle produzioni nonché di ogni  altro dato relativo a circostanze che possano mitigare od aggravare le conseguenze di un’interruzione forzata dell’attività. Ai fini di una più chiara e diretta comprensione dei contenuti di questa fondamentale attività di analisi del rischio d’interruzione conseguente a “guasti macchine”, riteniamo utile incorporare nella nostra trattazione un esempio di rapporto d’ispezione riferito ad un impianto relativamente semplice (centrale di cogenerazione).    

                                              Rapporto di ispezione

 Sopralluogo presso stabilimento    ………………………..

Persone incontrate:         Ing………………….    –   servizi tecnici

                                             Geom………………    –       “        “

                                              Sig………………….     –   amministrazione

a) Informazioni generali

La Società è proprietaria di uno stabilimento per la produzione di prodotti chimici ubicato nel Nord Italia, nel quale sono impiegate 600 persone.

b) Scopo della visita

Avvalendosi delle agevolazioni di legge in tema di risparmio e liberalizzazione dell’energia elettrica, la Società ha deciso di realizzare un impianto di cogenerazione, di capacità tale da poter alimentare tutte le utenze elettriche dello stabilimento, cedendo il supero all’ENEL.

Per questo impianto è richiesta una polizza guasto macchine e danni indiretti.

c) Condizioni ambientali assunte per il progetto

Altezza: 190 m slm

Portanza terreno: 1,5 Kg/m2 (non necessita di palificazioni o altre opere di consolidamento)

Zona non sismica

Temperatura massima: 30° C

Temperatura minima: – 20° C

Carico neve: 90 Kg/m2 (valori normali)

Spinta vento: 80 Kg/m2 (valori normali)

d) Descrizione dell’impianto

L’impianto è installato in un’area poco distante (200 m) dallo stabilimento, ad una quota più bassa dello stesso.

I collegamenti con lo stabilimento sono realizzati tramite tubazioni su pipe rack per i fluidi ed in cavidotti interrati per le linee elettriche.  I collegamenti fanno parte dell’impianto, così come l’allacciamento alla cabina di scambio con l’ENEL e alla sottostazione a 15KV dello stabilimento.

L’impianto è costituito da una centrale di cogenerazione per la produzione di energia elettrica, vapore ed acqua calda (da utilizzare nello stabilimento esistente), installata all’aperto.

L’energia elettrica è prodotta da un gruppo turboalternatore.

L’acqua calda ed il vapore sono generati da una caldaia di ricupero, senza bruciatore, che funziona come scambiatore di calore, utilizzando i fumi di scarico del turbogruppo.

Le apparecchiatura principali sono le seguenti:

1) Turbina a gas, di costruzione………. del tipo a combustione interna, alimentata a gas metano, potenza ai morsetti del generatore 21 MW, accoppiamento diretto all’alternatore, costituita principalmente da:

    – compressore gas metano di tipo assiale a 16 stadi, rapporto di compressione 20:1

  –  camere di combustione di tipo anulare 30 bruciatori, 2 candele di ignizione

  –  turbina ad azione/reazione a due corpi

     alta pressione: 2 stadi

     bassa pressione: 6 stadi

   – velocità: 3000 giri/I.’

   Incidenza: 100%

   Riserva:    0

2) Alternatore, di costruzione…………..

     potenza max.:              28,4 MVA

     fattore di potenza:       0,8

     tensione iniziale:            11,5 KV

     frequenza:                   50 Hz

     velocità:                       3000 giri/I’

E’ del tipo a due poli, raffreddato ad aria/acqua in circuito chiuso, collegamento a stella, sistema di eccitazione brushless con regolatore di tensione automatico.

Incidenza: 100%

Riserva:    0

Nota – Turbina ed alternatore sono montati entro una cabina insonorizzante a pannelli smontabili; la cabina ha anche la funzione di protezione dagli agenti atmosferici.

3) N° 1 trasformatore trifase, isolamenti in olio minerale, raffreddamento aria naturale, costruzione……………

potenza max. : 28,4 MVA

tensione max.: 17,5 KV

rapporto di trasformazione: 15/11,5 KV

Il trasformatore ha la funzione di contenere la potenza di corto circuito del generatore entro i limiti di dimensionamento delle apparecchiature esistenti sulla rete 15 KV delle stabilimento e di controllare le interazioni tra generatore e rete di stabilimento.

Incidenza: 100%

Riserva:     0

N° 1 trasformatore trifase per l’alimentazione dei servizi ausiliari della centrale;

potenza max.: 1000 KVA

rapporto di trasformazione: 15/0,4 KV tensione massima: 17,5 KV

Incidenza: 100%

Riserva:    0

4) Caldaia di ricupero.

E’ del tipo a circolazione forzata flusso dei fumi in verticale, con surriscaldatore finale, avente le seguenti caratteristiche:

portata vapore: 38 t/h

temperatura:         317 C°

pressione :      28 bar

temperatura fumi in ingresso: circa 500 C°

superficie totale:           13.575 m2.

La caldaia è dotata di un camino di circa 2,5 m di diametro ed altezza di 30 metri.

Tutti i tubi della caldaia sono del tipo senza saldatura (minor rischio di cedimenti).

Materiali e progettazione in accordo alle norme ed alle caratteristiche ambientali assunte per il progetto.

Incidenza: 100%

Riserva:    0

5) Sistema di controllo

Il controllo e la supervisione della centrale sono effettuati in modo automatico dalla sala di controllo dello Stabilimento.

Incidenza: 100%

Riserva:    0

6) Impianto di terra

E’ centralizzato, realizzato con maglie di rame interrate.

Le apparecchiatura di controllo e strumentazione elettronica hanno una terra separata.

7) Sistemi di sicurezza del ciclo

Prevedono i seguenti blocchi, in funzione di condizioni operative stabilite dai costruttori, tra loro interagenti:

– blocco totale dell’unità di cogenerazione

– blocco turbina a gas

– blocco caldaia

– blocco alternatore ed impianto elettrico

– blocco ausiliari.

8) Valore dell’impianto da assicurare

     – turbina ed ausiliari                                                                           18.866

     – alternatore                                                                                          2.264

     – caldaia                                                                                               3.522

     – trasformatori                                                                                         503

     – montaggio ed avviamento                                                                 3.750

     – altri costi                                                                                                 20

     Totale                                      28.925 Milioni (le opere civili sono escluse).

Considerazioni

La centrale è stata realizzata dal Consorzio………….

Al di là di tutte le norme e cautele progettuali che sono imposte dalla realizzazione di un progetto di notevole rilevanza tecnica, vi sono alcuni elementi che destano perplessità:

– la realizzazione dell’opera, completamente all’aperto, in una zona dove il clima non è mite: esiste, effettivo, il pericolo di formazioni di ghiaccio che potrebbero provocare blocchi inattesi, soprattutto di valvole, con conseguenti non previste interferenze sul sistema di controllo e sicurezza progettato.

Inoltre, anche se l’impianto è provvisto di rete di terra e sistemi di protezione dal fulmine, l’esposizione diretta delle apparecchiatura alle intemperie aggrava il rischio.

Altri punti:

– la centrale è completamente automatizzata, nessun presidio è previsto;

– l’impianto è utilizzato in modo intensivo: 8000 ore/anno (92% delle ore annuali disponibili).

Vi sono per contro aspetti positivi da considerare:

– una progettazione che ha previsto spazi ampi e facilitazioni per le manovre (anche in emergenza) e per le operazioni di manutenzione ed ispezione;

– il gruppo turbina, che gira ad una velocità di 3000 giri/11 presenta, oltre al vantaggio di ridurre i problemi di sollecitazione e vibrazione che sono indotti nei turbogas normalmente impiegati nelle industrie e dalle maggiori velocità (in genere da 2 a 3 volte), anche quello di avere un accoppiamento diretto con l’alternatore, evitando così un organo potenzialmente pericoloso, quale il riduttore;

– una caldaia a tubi d’acqua, senza bruciatori, che svolge la funzione di scambiatore di calore, lavorando ad un regime di pressione e temperatura non particolarmente elevato.

– la presenza, continua, di una squadra di manutenzione ed intervento, che è quella dello stabilimento, e che opera normalmente su impianti complessi quali quelli per la produzione di prodotti chimici.

d) Danni indiretti

L’energia prodotta dalla centrale è per la maggior parte destinata ai consumi dello stabilimento.

La quota eccedente viene venduta all’ENEL, con cui la Società………. ha stipulato un contratto di soccorso/scambio.

La somma annua da assicurare corrisponde quindi ai maggiori costi che la Società dovrebbe sostenere, in caso di fermo della Centrale, per l’acquisto di energia elettrica direttamente dall’ENEL più il mancato introito dell’energia non venduta al netto, dei costi relativi all’autoproduzione di energia. 1 parametri per definire la somma da assicurare sono i seguenti:

1) produzione: 21Mw/h di cui:

  – autoproduzione:                14700 kW/h

  – vendita all’ENEL                6300 kWh

2) prezzi di acquisto dall’ENEL:

 Lit/Kw 32760fisse per la potenza impegnata(14700Kw)

 Lit/Kwh 167,8 per l’energia elettrica da acquistare ( 14700 Kwh

3) costo evitato:

    Lit/Kwh 37 (in pratica il costo del metano)

4) prezzi di vendita all’ENEL:

    ore piene: Lit/Kwh (135-37)

  ore vuote: Lit Kwh (37-37)

per cui, ipotizzando che le ore produttive nell’anno siano 8000 e di avere 3600 ore piene   contro 4400 ore vuote, si ottiene:

– spese fisse per potenza impegnata: 14700 x 32760 = 482 Mil.( a )

– acquisto dall’ENEL: 14700 x 8000 x (1 67,8 – 3 7) = 15 3 82 Mil. ( b )

– mancata vendita all’ENEL: 6300 x 3600 x (135 – 37) +6300 x 4400 x (37 -37 )

  = 2222 Mil. ( c)

a+ b +c = 482(*) + 15382 + 2222 = 18086 Mil.

L’importo (*) non va computato in quanto spesa fissa a fronte della Convenzione ENEL.

La somma annua da assicurare risulta quindi: 18086 – 482 = 17604 Mil.

e) Manutenzione

La Società……….. ha in essere con……….. un accordo di assistenza e manutenzione preventiva per il gruppo turbo-alternatore che, tra i punti salienti, prevede: – manutenzione programmata

–      disponibilità ricambi per manutenzione preventiva e correttiva

–      intervento in emergenza entro 12 ore dalla chiamata

–      revisione generale presso i propri stabilimenti.

La manutenzione del resto dell’impianto è affidata al servizio tecnico dello Stabilimento.

f) Garanzie

Le garanzie meccaniche e di funzionamento sono prestate dal fornitore per un anno di esercizio a partire dalla data di accettazione provvisoria.

g) Calcolo di MPL/Fattore di interruzione: 6 mesi.

    La MPL corrisponde, quindi , alla metà della somma di cui al precedente punto d).

 A completamento della panoramica relativa ai principali aspetti assuntivi, sarà utile fornire qualche elemento riguardante il metodo usato dagli assicuratori per la quotazione dei rischi d’interruzione d’esercizio da guasti macchine. Il criterio più diffuso utilizzato dal mercato incendi è quello di applicare al tasso di rischio relativo alla sezione “danni materiali” un fattore, cosiddetto “K”, che varia in funzione di determinati lineamenti assuntivi. Il metodo prevalente, e quello anche da noi utilizzato, per la tariffazione dei rischi con causale “guasti macchine” è fondamentalmente diverso ed assai più articolato. Sinteticamente esso consiste nell’attribuire a ciascun macchinario ed impianto un tasso-base contenuto nella tariffa  aggiustandolo, caso per caso, in funzione dell’ “incidenza”, dell’esistenza di “riserve installate” e del “fattore d’interruzione”,  inteso come rapporto fra il tempo prevedibilmente necessario per la riparazione e/o il rimpiazzo dell’ente danneggiato ed il periodo di indennizzo massimo di polizza.

Un “fattore unico” viene utilizzato per riflettere la situazione generale di rischio in funzione dei numerosi elementi, soggettivi ed oggettivi, sopra indicati (parti di ricambio, età, costruzione, stato d’uso, manutenzione, esperienza sinistri, ecc.). I singoli tassi così calcolati vengono sommati insieme ottenendo un “tasso-base globale” che, a sua volta, verrà aggiustato in funzione della franchigia e del periodo di indennizzo massimo di polizza. Si tratta di un sistema di carattere empirico che, tuttavia, tende a riflettere correttamente le diverse componenti di rischio avvalendosi, in modo decisivo, dei contenuti del rapporto d’ispezione.

Aspetti contrattuali/Guasti macchine

Come più  volte accennato precedentemente , la polizza contro i danni d’interruzione d’esercizio è, in larga misura, autonoma rispetto a quella di “riferimento” che copre i danni materiali diretti.

Nel caso delle coperture in conseguenza di “guasti macchine”, tuttavia, alcune particolarità sono degne di nota. Innanzitutto va ricordato che la struttura della polizza di riferimento è su base “all risks”.

Per contro, la maggior parte delle coperture prestate dal mercato “incendi” sono “per rischi nominati” (“named perils”) anche se, specie negli ultimi anni, la forma “all risks” ha registrato un certo grado di sviluppo. Poiché il presupposto di operatività della polizza “interruzione d’esercizio” è collegato a quello della sottostante garanzia “danni materiali”, l’assicuratore non potrà non tener conto di questo specifico connotato. La delimitazione della garanzia in tema di guasti macchine con riferimento alle esclusioni spiega, ad esempio, la presenza nella polizza contro i danni d’interruzione d’esercizio della clausola di non operatività della garanzia nel caso di deterioramento di merci in lavorazione, esclusione di particolare rilevanza in talune attività produttive nel comparto farmaceutico e chimico. Di qualche rilievo è pure la prassi, sufficientemente diffusa, di indicare ,nel corpo della polizza “interruzione d’esercizio” , le percentuali d’incidenza dei principali macchinari ed impianti nonché l’esistenza di riserve installate e funzionanti. Sotto questo profilo esiste una tendenza a considerare tali i macchinari e gli impianti di riserva che possano essere messi in funzione entro i termini della franchigia temporale di polizza. Problematica assai interessante, sotto il profilo contrattuale, è quella rappresentata dalla natura dei “costi supplementari di lavorazione” rispetto alle “spese di salvataggio” disciplinate dagli art. 1914 e 1915 del Codice Civile. Trattasi peraltro di questione che riguarda l’intero comparto dell’interruzione d’esercizio. La riflessione fondamentale è collegata al chiaro riferimento dell’art. 1914 ai danni materiali e diretti . La dichiarata possibilità, inoltre, che tali spese possano essere sostenute dall’assicurato “inconsideratamente” suggerisce un’ipotesi di imminenza di pericolo nella quale le possibili conseguenze dannose dell’evento sono, in tutto o in parte, imprevedibili. I “costi supplementari di lavorazione” al contrario riguardano specificatamente il danno d’interruzione d’esercizio e, pertanto, si riferiscono ad un’ipotesi in cui il danno materiale si è già verificato determinando interruzione e/o interferenza dell’attività.

Essi pertanto vengono necessariamente sostenuti “a ragion veduta” per mantenere l’attività produttiva al più alto livello possibile evitando, così, una perdita misurabile di fatturato e, quindi, di profitto lordo. Da  ciò il diverso regime delle due voci con applicabilità ai secondi del “limite di economicità” nonché dei limiti posti dal periodo di indennizzo massimo.

Aspetti assuntivi/Elettronica

L’argomento, nel suo insieme, viene trattato in una diversa sezione di questo corso.

Tuttavia, sotto il profilo dell’interruzione d’esercizio, può essere utile svolgere alcune considerazioni aggiuntive. Laddove le apparecchiature elettroniche siano dedicate allo svolgimento di attività contabili e/o amministrative, l’unica forma di garanzia normalmente ottenibile è quella per i “maggiori costi di elaborazione”. La difficoltà di stabilire un preciso e diretto rapporto di causa-effetto fra il danno materiale e le sue conseguenze indirette, nonché il problema di misurare correttamente la perdita, rendono incerta e rischiosa l’adozione di altri strumenti. Nel caso, invece, di elaboratori “on line”, che controllano processi produttivi, la situazione di rischio è analoga a quella in tema di “guasti macchine”, salvo il diverso contenuto della polizza di riferimento. Nella pratica si incontrano soluzioni diverse, non di rado con elementi di sovrapposizione fra garanzie prestate nell’ambito di distinte classi di rischio (incendio, guasti macchine, elettronica). Di particolare interesse è il caso di apparecchiature elettroniche usate per la prestazione di servizi (elaborazione per conto terzi, servizi telematici, apparecchiature elettro-medicali, ecc.) alle quali  spesso si accompagnano garanzie “indirette” nella forma a “perdita di ricavi” (“loss of revenue”). Si tratta di un comparto divenuto assai ampio che determina la necessità di analisi complesse in conseguenza dell’articolazione e tecnologia delle reti  informatiche e telematiche disponibili ai nostri giorni. Negli ultimi anni ha assunto particolare rilievo il servizio cosiddetto di “disaster recovery” che è spesso accompagnato da specifiche coperture riconducibili all’oggetto della nostra trattazione.

Sotto il profilo concettuale l’analisi di rischio ai fini della sua valutazione non differisce sostanzialmente da quella precedentemente descritta con riferimento alla causale “guasti macchine”. La particolare natura dei sistemi informatici, tuttavia, presuppone una definizione specialistica della loro architettura sia sotto il profilo delle configurazioni “hardware” sia sotto quello, non meno delicato, della utilizzazione e salvaguardia dei dati in forma di “archivi e programmi”. L’insieme di queste informazioni deve costantemente essere riferito al grado di concentrazione del rischio (spesso assai elevato in conseguenza della particolare natura e dimensione delle apparecchiature elettroniche) nonché dell’ampiezza della garanzia prestata con la polizza di riferimento. Un tema di notevole interesse per quanto riguarda il capitolo “elettronica e danni indiretti” è quello relativo alle attività bancarie e di finanza.

L’informatizzazione delle attività proprie di questi istituti ha subito una forte accelerazione determinando la pressoché totale dipendenza dei servizi dal sistema informatico. Tutte le principali funzioni (movimentazione dei conti correnti, fidi, governo dei flussi monetari, amministrazione  dei mutui, titoli, comunicazioni alla Banca d’Italia) sono gestite mediante terminali collegati ad un grande sistema centrale (“main frame”) o con sistemi di P.C. di avanzata tecnologia. Ne consegue una generale difficoltà di ricondurre questa complessa situazione ad una copertura d’interruzione d’esercizio anche limitata alle “maggiori spese”. La complessità dei sistemi utilizzati, infatti, rende assai difficoltoso od impossibile il reperimento di un centro esterno capace di operare in “service” per ovviare alla forzata indisponibilità delle risorse informatiche coinvolte nel sinistro. Più realistico è il ricorso a programmi di “disaster recovery” che consentono, a seguito di eventi dannosi che causino un’interruzione prolungata dell’attività informatica, di utilizzare sistemi dedicati capaci di mantenere le cosiddette “funzioni vitali” nell’ambito di un’analisi di “risk management“. I contratti di “disaster recovery” prevedono, di norma, un canone annuo per l’accensione del servizio ed un costo giornaliero per l’utilizzazione del “back up” a seguito d’interruzione che abbia una certa durata minima (solitamente 7 giorni). Le coperture prestate dal mercato in tema di elettronica si riferiscono, appunto, al “costo supplementare giornaliero” sostenuto per mantenere le “funzioni vitali” a seguito di sinistro risarcibile con la polizza di riferimento e costituiscono un utile complemento assicurativo ai piani di “disaster recovery”.

Redazione a cura del Dott. Ugo Pino

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