Parla Alberino Battagliola, consigliere di ANRA

Published by Lercari on


La crisi pandemica ha reso ancor più evidente l’importanza dello sviluppo di una “cultura del rischio” all’interno delle singole organizzazioni in funzione preventiva ed al fine della miglior gestione delle crisi, sanitarie e non, al loro verificarsi. Nel frattempo, a causa dell’emergenza Covid-19: l’entrata in vigore del Codice della Crisi d’Impresa è stata rinviata al 1° settembre 2021.

Ne abbiamo parlato con Alberino Battagliola, HealthCare Administration Tender Manager & Corporate Insurance Manager e consigliere di ANRA, associazione che dal 1972 raggruppa i risk manager e i responsabili delle assicurazioni aziendali.

Lei opera da anni e in ruoli di crescente responsabilità nella gestione del rischio, all’interno di una azienda italiana frutto di una joint venture paritetica con un gruppo multinazionale americano che produce e distribuisce famosi marchi in tutto il mondo.

Come sta vivendo questa fase e quale valore aggiunto hanno comportato le esperienze da Lei maturate sia a livello aziendale che associativo?

Superata la prima che è stata decisamente nuova e impattante sulle modalità di vita, sia privata che professionale, oggi sono/siamo perfettamente in sintonia con le logiche di organizzazione di business e di Balance familiare/privato.

Al solito, anche questa volta, c’è stato tanto da imparare e, come Risk Manager, i rischi meno attesi sono quelli da cui aspettarsi la minaccia più concreta (questa volta, ci siamo veramente fermati dalle nostre abitudini).

Direi che le esperienze, sia di uomo d’azienda, ma anche come ruolo all’interno di ANRA, hanno sensibilmente soccorso le mie iniziali incertezze sull’immediato futuro.

Covid 19 ha impattato in modo molto diversificato in tutto il mondo e la reazione, sia a livello governativo che del mondo economico è stata molto diversificata. Quali differenze ha colto fra la capacità di reazione del nostro sistema paese rispetto al resto del mondo, anche dal suo osservatorio privilegiato di azienda partner di una multinazionale a livello globale?

Le nostre autorità hanno seguito le direttive fornite dall’OMS e dall’istituto Superiore di Sanità.

Una ulteriore conferma che il nostro paese ha fortunatamente un sistema sanitario di livello alto.

Abbiamo affrontato il distanziamento sociale, riducendo quasi completamente i contatti tra le persone, sobbarcandoci un costo elevatissimo sulla nostra economia.

Le decisioni prese sono state impattanti sull’intero sistema Paese, ma abbiamo, a mio avviso, puntato le attenzioni e le energie sul decongestionare l’intera struttura sanitaria onde evitare un collasso che avrebbe portato a disastri sociali ancora più importanti.
Queste decisioni hanno sbilanciato la crisi verso l’intero tessuto economico, ma le misure chieste e che sembra siano adottate in termini di adeguato sostegno ai settori più colpiti, anche con il supporto dell’Unione Europea, fanno ben sperare per una ripresa il più veloce possibile.

Questo è però un tema che andrà trattato quando si potrà avere una misura reale delle conseguenze economiche della situazione attuale. Per ora possiamo trarre un insegnamento da questa esperienza: il rischio deve sempre essere considerato come una componente fondamentale in una gestione responsabile delle attività, a tutti i livelli.

I prodotti, una volta realizzati, vanno poi distribuiti: che idea si è fatto delle modalità con cui il comparto della logistica e dei trasporti ha reagito, contribuendo alla gestione dell’emergenza?

Parlo sempre in base alla mia esperienza aziendale: sul tema logistico, direi che abbiamo registrato un maggiore impatto in termini di impegno lavorativo in questo periodo, sostanzialmente dovuto agli spostamenti tra le Regioni ed anche attraverso le Nazioni.

La quarantena degli autisti dislocati nelle varie “zone rosse” ha provocato impatti organizzativi maggiori, dovuti sostanzialmente alla revisione del sistema di rotazione della forza lavoro.

Ripercussioni importanti sul bilanciamento dei viaggi (il Nord di fatto chiuso ha mutato completamente la tratta logistica, sbilanciando il relativo rientro).

Il blocco del traffico di passeggeri dei traghetti verso la Sardegna ha avuto evidenti ripercussioni sugli spostamenti logistici.

Nonostante tutto, l’equilibrio dei traffici è sempre stato garantito, oserei dire in maniera brillante, ma registrando impatti economici da non sottovalutare (extracosti che hanno notevolmente inciso sui risultati).

Le esperienze da Lei maturate in ambito associativo ANRA hanno – a suo avviso -rappresentato un valore aggiunto nella gestione della crisi? Quale pensa possa essere l’ulteriore ruolo della Associazione nella fase post lock down?

Assolutamente si. Da subito, ci siamo organizzati per garantire l’obiettivo principale della nostra mission: la divulgazione e l’attenzione al tema del Risk Management attraverso la messa in opera di una serie innumerevole di webinar che hanno dimostrato come si può continuare a svolgere al meglio le attività prioritarie di ogni singola organizzazione; il successo in ordine di autorevolezza degli speakers e dei partecipanti ha ampiamente dimostrato la bontà dei servizi offerti.

Continueremo a garantire il nostro servizio consapevoli e vogliosi di riprendere da subito o nell’immediato la nostra continua formazione sia on-line ma anche dal vivo in quanto riteniamo che le opportunità di relazione restino comunque fondamentali nella diffusione delle conoscenze.

La Sua azienda, per la peculiarità dei suoi prodotti, non ha mai interrotto la produzione e in che modo ha contribuito sul fronte della produzione di dispositivi di protezione individuale e per la sanificazione ambientale?

Fortunatamente, la nostra catena produttiva non ha mai rallentato le proprie attività.

Abbiamo risposto in maniera tempestiva ed efficace, anzi, oserei dire, con tempi record, alla richiesta di conversione di linee produttive alla realizzazione di dispositivi di protezione individuale (mascherine).

Come si è articolata, se ce lo può dire, l’interazione con il Dipartimento della protezione Civile nel progetto di una linea produttiva nello stabilimento di Pescara che in precedenza realizzava assorbenti igienici femminili?

Su questa specifica domanda, non ho risposte esaurienti da fornire.

Posso solo confermare che, a richiesta, il nostro team multifunzionale ha risposto adeguatamente alle richieste avanzate e, come da risposta precedente, realizzando il prodotto nei tempi e con le caratteristiche richieste.

Sottolineo che, almeno nella prima fase, la più immediata e sensibile, abbiamo riconvertito una linea e non abbiamo dovuto acquistare/realizzare una ex novo.

Lei proviene da una formazione amministrativo/finanziaria. Fra i compiti primari dei gestori del rischio aziendale quello di identificare, anticipare e risolvere le criticità che possono danneggiare un’azienda – dal punto di vista finanziario, operativo o della sicurezza -: quali possono essere – in senso lato per le aziende – gli alert di cui tener conto e le linee guida da seguire per far fronte alla cosiddetta “fase 2” dell’emergenza?

Tale esperienza, se non altro, può risultare utile per la definizione e l’orientamento della propria strategia nel gestire la crisi e sviluppare la resilienza anche dopo la fine dell’emergenza, adottando un approccio “full risk management”.

Il risk management si pone sempre come nodo fondamentale in tutte le organizzazioni moderne.

Prima della diffusione del Covid-19, si continuava ad affermare che la cultura del risk management era diffusa all’interno della propria organizzazione, i cui principali rischi identificati erano di natura operativa, percepiti come i più concreti e di maggiore portata per l’organizzazione.

La crisi che stiamo vivendo, ha sicuramente accelerato il processo di adozione di pratiche di gestione del rischio, con effetti anche nelle aziende meno strutturate.

Ecco quindi che una nuova sensibilizzazione sul tema risulterà utile per affrontare i cambiamenti dello stile di consumo che sono già in atto (dall’incremento dell’e-commerce, la fruizione di determinati sistemi di pagamento, ecc.) e che perdureranno oltre i termini temporali della pandemia.

Dovremo inoltre consolidare il lavoro da remoto (con le dovute differenze tra quello che è un semplice telelavoro e una vera e propria metodologia di lavoro agile), scongiurare la crisi di redditività, oltre che fare della digitalizzazione la chiave per ripensare al business e alla relazione con i consumatori.

E poi, per deformazione professionale, un’attenzione sempre più focalizzata ai costi aziendali, soprattutto i variabili che in qualche modo influenzano in maniera a volte determinante i risultati di periodo. Lo Smart working in questo senso sta ridisegnando notevolmente i Budget aziendali anche in funzione prospettiva laddove diventasse definitivamente la nuova metodologia di lavoro.

L’ultima survey del World Economic Forum di Davos di gennaio 2020, aveva collocato all’ultimo posto (in una scala da 1 a 5 dei top rischi in termini di probabilità e impatto) quello sanitario (nella scala che comprendeva quello geopolitico, socioeconomico, la frammentazione digitale ed ambientale). Scala poi sovvertita dalla pandemia e dal rallentamento globale in tutte le economie mondiali. Di che lesson learned bisognerà tener conto nella riformulazione e individuazione delle priorità dei business continuity plan?

L’emergenza imposta dal Coronavirus ha reso necessaria l’immediata adozione di misure e protocolli d’urgenza per la sicurezza dei lavoratori contro la minaccia del contagio.

Ritengo che nulla sarà più come prima, nel senso che le misure che oggi tutti conosciamo e che, in qualche modo e in diverse misure, ci coinvolgono, diventeranno un modus operandi per tutte le attività commerciali e industriali e non solo (penso alla didattica e alle scuole di ogni ordine e grado, per non parlare dello sport nel suo complesso).

Il rischio sanitario dunque, ha scalato notevolmente i posti nella graduatoria degli scenari dei prossimi anni a cui aggiungo, come mio parere, una altrettanto adeguata e una rivisitazione completa dei sistemi di approvvigionamento dei dispositivi medico/sanitari per non farci di nuovo trovare impreparati di fronte alle emergenze (quante mascherine, guanti, indumenti sterili, sono mancati o hanno raggiunto destinazione con notevoli ritardi di fornitura).

Insomma, anche qui, e ho avuto altre volte occasione per manifestarlo, la figura del Clinical Risk Manager deve essere al centro e/o di supporto nelle organizzazioni dedite all’Health Care Strategy.

Il digitale ormai è pervasivo in tutta l’organizzazione. Che ruolo pensa potrà giocare – anche in futuro – la tecnologia nelle future operazioni di security?

Da questa esperienza in realtà stiamo uscendo fuori come persone sempre più tecnologiche e molto flessibili anche ai cambiamenti così repentini.

La tecnologia ci supporta in maniera completa e decisamente user friendly dandoci la possibilità di organizzare al meglio le nostre attività e guadagnando in termini di efficienza/efficacia.

Partendo da questo nuovo modello di business, lavorativo e non, il ruolo tecnologico e di security dovrà essere sempre più potenziato al fine di garantire elevati livelli di performance.

La sicurezza dei protocolli Internet nelle future reti 5G introduce alcuni aspetti che risulteranno cruciali per la difesa dai futuri attacchi informatici.

La situazione già abbastanza difficile dal punto di vista tecnico, si complica ulteriormente se aggiungiamo i dubbi circa un utilizzo legittimo da parte degli operatori di rete delle proprie apparecchiature e connessioni. La guerra commerciale tra USA e Cina, che coinvolge ultimamente anche i fornitori cinesi di apparati di telecomunicazione, non fa che rendere più fosco il quadro entro cui cercare soluzioni al problema.

Numerose sfide digitali si presentano all’orizzonte nei prossimi mesi: non solo 5G ma anche Blockchain, Intelligenza Artificiale, Quantum Computing, Criptovalute e Big Data saranno il terreno di grandi battaglie sia sulle capacità tecniche sia sugli aspetti diplomatici e di potere. Cercare un coordinamento tra le grandi aziende del pianeta su aspetti di sicurezza può diventare estremamente difficoltoso.

Mi piace riprendere fedelmente quanto ho letto e riletto tante volte durante questo periodo (non è un testo sacro o un saggio universitario, ma solo la quarta di copertina di un libro del 2018 di Alessandro Baricco, The Game):

“Calciobalilla, flipper, videogioco. Prendetevi mezz’ora e passate dall’uno all’altro, in quest’ordine. Pensavate di giocare, invece avete attraversato lo spazio che separa una civiltà, quella analogica, da un’altra, quella digitale. Siete migrati in un mondo nuovo: leggero, veloce, immateriale.

Prendete l’icona che per secoli ha racchiuso in sé il senso della nostra civiltà: uomo-spada-cavallo. Confrontatela con questa: uomo-tastiera-schermo. E avrete di fronte agli occhi la mutazione in atto. Un sisma ha ridisegnato la postura di noi umani in modo spettacolare.

Quella che stiamo vivendo non è solo una rivoluzione tecnologica fatta di nuovi oggetti, ma il risultato di un’insurrezione mentale.”

Ha qualche ulteriore consiglio o raccomandazione da formulare ai suoi colleghi ed alle imprese per la miglior gestione del post pandemia in senso più lato? Ad esempio per affrontare alcuni cambiamenti dello stile di consumo e la fruizione di determinati servizi già emersi durante il lock down e sono sicuramente destinati a perdurare oltre i termini temporali della pandemia?

Per attuare completamente e sistematicamente i nuovi paradigmi c’è bisogno di uno sforzo collettivo che coinvolga sia il management che i dipendenti, e molto passa dalla formazione per acquisire ed allenare sia soft che hard skill. In quest’ambito si stanno moltiplicando iniziative (tante anche gratuite) a cui accedere: formazione online, webinar, tanto per citarne qualcuna.

Tali investimenti in tempo e denaro per la formazione rientrano in una visione a tutto tondo della cultura del rischio, perché danno all’azienda la possibilità di essere proattiva e flessibile in termini organizzativi, qualora si verificasse un evento inaspettato.

Adottando un approccio di risk management che prevede l’utilizzo di analisi di scenario quale strumento di discussione per le strategie di business, dove intuito, competenza, flessibilità e rapidità di analisi e di azione saranno elementi chiave per poter propendere per un tale scenario, minimizzare gli impatti negativi e rendere forte e sicuro il business.

Riflettiamo dunque di nuovo, ma in modo molto attento, sul fatto che il risk managament non sia più visto come l’equivalente di un mero centro di costo, ma come un’opportunità per sviluppare e valorizzare una più moderna cultura del rischio, anche per le PMI.

Vede qualche ulteriore area di attenzione o di miglioramento utili per chi quotidianamente si occupa di risk management ad esempio per i sistemi di controllo e monitoraggio e gli alert aziendali tenuto conto anche dell’entrata in vigore del Codice della Crisi d’Impresa il prossimo 1° settembre 2021?

Ogni crisi si lega in modo stretto e direi inevitabile in quelli che sono i Rischi e l’emersione della crisi aziendale rientra fra i cosiddetti rischi d’impresa.

Il concetto di rischio, definibile come la combinazione delle probabilità di avvenimento di un evento e del suo impatto, è infatti fisiologicamente legato all’attività d’impresa in quanto connesso alla vocazione ad intraprendere – e quindi a creare – nonché all’aleatorietà degli eventi riferiti al contesto, all’ambiente e al mercato nei quali l’impresa stessa opera.

Ma il rischio non solo e non più come accezione negativa connessa al manifestarsi di danni o perdite, piuttosto integrato nel controllo di gestione e nell’analisi dei risultati, considerato come elemento capace di offrire opportunità per la creazione di valore.

Il Risk Management come innovazione manageriale il cui ruolo si concretizza nel garantire la protezione del “sistema azienda” dagli eventi sfavorevoli e dei loro effetti, la cui funzione, creata ad hoc, capace di anticipare le problematiche relative alla gestione degli eventi avversi.

Ma siamo ancora nella situazione delle PMI Italiane in cui il 46% di esse ha in qualche modo affidato la gestione del rischio ad una funzione aziendale, mentre della restante parte, oltre l’80% non prevede di introdurla nel prossimo futuro e per questi l’ostacolo principale è rappresentato dal costo d’implementazione che supererebbe i benefici attesi, convinti ancora oggi dell’onerosità dell’attività senza produzione di effetti concreti: NIENTE DI PIU’ SBAGLIATO!

Pensare l’azienda e le organizzazioni tutte in modo moderno, il che significa dotarsi di Compliance programs, le cui forme, in via del tutto esemplificativo possono riassumersi in:

  • Modelli di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs. 231/2001
  • La disciplina sulla prevenzione della corruzione
  • La tutela dell’ambiente
  • La Cooperative compliance in ambito fiscale
  • La sicurezza informatica e Privacy (GDPR)
  • Società quotate dotate di attività di self regulation
  • Cogliere l’opportunità di effettuare un’autodiagnosi, una sorta di risk assessment, che, partendo dall’analisi della situazione corrente (as-is-analysis), evidenzi i gap e le azioni necessarie per adeguare gli assetti organizzati amministrativi e contabili alle esigenze poste dalla norma.

È una svolta culturale che allarga il perimetro del risk approach in termini di capacità di apprezzamento del rischio per una razionale prevenzione e gestione della stessa attraverso percorsi predeterminati e codificati.

L’integrazione tra processi di pianificazione e gestione e sistemi integrati dei rischi di impresa è fondamentale.

Solo con una gestione integrata dei rischi si può offrire un valido supporto al presidio dei processi aziendali. L’attività di monitoraggio e presidio della rischiosità dei processi aziendali, e quindi torno sul punto centrale che anticipare si può, consente di individuare tempestivamente i fattori che ostacolano la riuscita delle attività in corso, contribuendo a realizzare, così, un controllo di tipo strategico con attenzione ad aspetti legati alla mitigazione del rischio (risk mitigation).

Concludo, ribadendo e riflettendo ancora una volta che la prevenzione per la garanzia della salvaguardia di ogni attività svolta in modo continuo e organizzato è compito esclusivo e fondamentale di un Risk Management moderno che diventa uno dei più importanti investimenti su cui anche e soprattutto il nostro tessuto imprenditoriale/industriale dovrebbe riflettere.

Alberino Battagliola, classe 1965, HealthCare Administration Tender Manager & Corporate Insurance Manager presso Fater S.p.A.

Fater, è un’azienda italiana, joint venture paritetica fra Procter & Gamble e Gruppo Angelini. Produce e distribuisce in 39 Paesi, nei mercati dell’Europa Occidentale e Ceemea, i prodotti a marchio Ace Neoblanc e Comet; in Italia dagli anni 60 nei mercati dei prodotti assorbenti per la persona attraverso la produzione e commercializzazione dei marchi Pampers, LINES, LINES Specialist, Tampax. La sede è a Pescara; gli stabilimenti di produzione in Italia sono a Pescara e Campochiaro (CB), all’estero sono in Portogallo e in Turchia a Gebze.

In Fater dal 1986, ha ricoperto nel tempo, nella Direzione Amministrazione e Finanza, funzioni di responsabilità relative a Fixed Assets Management, Internal Auditing, Product Supply Expenses & Working Capital, Actual Reporting & Financial Planning Management, Intercompany Management, Foreign Customer Management, Master Data Management, Insurance & Risk Management, attraverso la conoscenza/esperienza di utilizzo e sviluppo di sistemi informatici di BPM (Business Performance Management) e SAP (Systems, Applications and Products in data processing).

Socio ANRA dal 2003, è stato Revisore per il triennio 2009-2011, Consigliere dal 2012 al 2017, e di nuovo fa parte del Consiglio Direttivo da Marzo 2018. Negli anni ha svolto in ANRA diverse attività e incarichi (referente regionale e delegato CoLAP), contribuendo alla sua espansione nel territorio, promuovendo nuovi percorsi formativi ed educativi e supportando il suo riconoscimento ufficiale come associazione professionale in grado di valorizzare le competenze dei suoi associati.